La giostra mediatica e la goliardia dei mediocri
È un binomio complesso quello (Notizia - Media), più difficile se lo si rende trinomio aggiungendo il Pubblico ed elevandolo a potenza dove l'esponente è il web. In questo caso, però, non basta un semplice prodotto notevole per scioglierlo, ma un'indagine approfondita su cosa l'utente medio di internet vuole leggere e su cosa diavolo passa per la testa di chi scrive.
Ma di cosa sto parlando? Mi riferisco ad un episodio che mi ha toccato da vicino, in quanto studente universitario frequentante l'Università degli Studi di Torino con sede Palazzo Nuovo. Ecco, come la maggior parte di voi saprà, pochi giorni fa si è consumato il suicidio di una studentessa della suddetta facoltà all'interno della suddetta facoltà.
Io non sono qui per scrivere e descrivere l'atto, quello lo lascio a chi di dovere. Io sono qui per spiegare e condannare come la notizia sia stata manipolata, giostrata e stravolta all'inverosimile da parte di emittenti web locali che non si sono fatti sfuggire l'occasione per speculare e lucrare su un episodio, di fatto, incommentabile.
Ho pensato molto a come strutturare questo articolo e non vi nascondo che ancora adesso nutro profondi dubbi e incertezze sul mio stato d'animo a riguardo. Ma da aspirante giornalista non posso lasciar correre a briglia sciolta ciò che il giornalismo (almeno nel mio modo di vederlo tale) si prepone di combattere: la disinformazione.
Al fine di rendere comprensibile a tutti il senso di questo mio articolo, mi appoggerò ad alcuni esempi di come fatti delicati come quello accaduto a Palazzo Nuovo vengano strumentalizzati e universalizzati dal pensiero, dalla penna e dalla tastiera di alcune persone che osano chiamarsi 'giornalisti'.
Partiamo subito dall'esempio più clamoroso di accanimento mediatico a me pervenutomi il giorno dopo all'accaduto:
Un articolo apparso sul blog 'Ferro Battuto' http://www.ferrobattuto.info/blog/2015/03/sul-suicidio-delle-facolta-umanistiche/ ha subito attirato la mia attenzione. Ciò che ha destato in me la prima impressione negativa a riguardo è stato proprio il titolo dell'articolo "Sul suicidio delle facoltà umanistiche".
In questo articolo, scrive Alice Sieve, "[...] A Palazzo Nuovo gli studenti sono abbandonati nell’incuria più totale, quelli di Lettere in primis, lì sulle panchine ogni mattina a leggere il giornale e le proposte del Governo sulla scuola per sperare in un concorso. Questo non fa altro che alimentare da una parte pregiudizi nei nostri confronti, dall’altra il nostro malessere [..]"
Continuando "Così lo studente di Lettere si trova denigrato per molti versi anche dai suoi stessi compagni, che guardano alla sua meticolosità come qualcosa di alieno. Fa male sentirsi così. Troppo spesso viene ignorato il peso psicologico che grava sulle nostre spalle [...]"
D'accordo, Palazzo Nuovo e tutte le università pubbliche italiane presentano grossi problemi organizzativi e formativi, ma cosa diavolo c'entra con un episodio simile a quello accaduto lo scorso 13 marzo?!
Si potrebbe quindi ragionare su una possibile involuzione del pensiero critico-giornalistico da parte della sopracitata scrittrice Alice Sieve, ma non è così. L'articolo si apre, infatti, con una breve riflessione etica: "Come riuscire ad addormentarsi ieri sapendo del suicidio a Palazzo Nuovo a Torino? [...] Non voglio speculare sulla sua morte – avrà avuto i suoi motivi per pensare di fare un gesto del genere, che magari non hanno nulla a che vedere con gli studi"
Si straparla, dunque, di fatti che non si conoscevano e tutt'ora rimangono oscuri. Prima regola del giornalismo distrutta; sensibilità zero per una tragedia avvenuta in un luogo pubblico, ma riservata al dolore dei familiari: generalizzazione più che ammessa, nell'articolo, volta a catturare i consensi dei disinformati e superficiali soggetti simili alla scrittrice.
Passiamo avanti, passiamo al social network.
Su Facebook si scatena il finimondo non appena la notizia viene pubblicata. Migliaia di dita si fiondano sulle tastiere per dire la propria, battendo e ribattendo i tasti delle lettere fino a comporre veri insulti alla dignità civica e personale. Questi elementi, di cui non riporterò i nomi, commentano e condividono la notizia, o ciò che viene presentato di essa, come fossero ad una gara, come se il tatto e la sensibilità per la famiglia della ragazza non esistessero o non contassero nulla, come se l'arrivar primi a conclusioni errate e becere fosse un pregio anziché uno scempio sociale.
Scorrendo tra i commenti, è facile imbattersi nelle parole "depressione", "ragazza altamente problematica", "è sempre stata così", "era solo questione di tempo". Ma la domanda che frulla subito per la testa di chi legge tali vilipendi è stata, o almeno dovrebbe essere stata, "Ma questi, la conoscevano?"
Ho fatto ricerche, ho fatto domande ed ho ottenuto risposte. Risposte completamente opposte a quanto letto sui social. Numerosi ex-compagni liceali della 23enne ribadiscono il loro più completo stupore e sconvolgimento in seguito alla nefasta notizia. Alcuni di loro confermano la più totale estraneità della ragazza agli epiteti espressi sulle piattaforme virtuali; altri esprimono la più grande indignazione per la gestione becera di una notizia così delicata. Insomma, chi sapeva, chi la conosceva, chi era al corrente di chi fosse realmente la studentessa di lettere non commenta, non ipotizza, non infanga la memoria e non calpesta il diritto al dolore della famiglia e di se stesso.
Per concludere volevo rimarcare una mia idea, una mia riflessione in merito all'atto di togliersi volontariamente la vita: per quanto ne so io, in questo mezzo metro di vita per cui ho camminato fino ad ora, il suicidio rappresenta una scelta e come tale dev'essere rispettata. Mettere alla berlina, lucrare e speculare su qualcosa di simile è l'atto che meno si addice ad una mentalità sana, dal momento che nasciamo involontariamente, ma la libertà di scelta su come porre fine alla nostra esistenza dovrebbe essere un sacrosanto diritto di chiunque.
Vi lascio con una citazione di Lucio Anneo Seneca "Proprio come sceglierò la mia nave quando mi accingerò ad un viaggio, o la mia casa quando intenderò prendere una residenza, così sceglierò la mia morte quando mi accingerò ad abbandonare la vita."
Gianluca 'Miguel' Minuto
Nessun commento:
Posta un commento