venerdì 27 marzo 2015

Diario di Guernica - Parlami di te

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Dal tuo diario mai scritto,

Parlami di te


Le foto non bastano, non servono più. I sepolcri sono freddi come i corpi senz'anima e urlano un silenzio non richiesto, un silenzio che sente la notte, la conosce, la percepisce e me la fa percepire non appena poggio l'orecchio sul cuscino gelido, come te. Non è il momento di guardare in cucina per sentire la chiave nella toppa, non lo è più. Rifletto riflettendo la mia immagine in un angolo di noi e spiegazione non trovo, se non che tutto qui è diverso. Guardo ogni giorno la mia immagine allo specchio cercando un riflesso di te, ma lo specchio non dice nulla, perché non fa che riflettere la realtà e nella realtà noi siamo distanti da non riuscire a vederci senza sognarci. Il sogno è quanto di più bastardo ci possa essere: ne approfitta, aspetta che io abbassi la guardia, aspetta che io perda ogni difesa per colpirmi dritto in volto per poi svanire, senza darmi il tempo di rispondere. Non credo che tu sia in un posto migliore, altrimenti mi avresti portato con te. Chissà quante volte sei affianco a me e respiri etereo, chissà quante volte scrivi tu al posto mio, chissà temi anche tu la notte come la temo io. Guardo il fondo del letto avvolto dal buio più totale, parlando con nessuno o forse con quella foto che, incorniciata in un taglio di vetro, mi parla di te più di quanto possa fare tu in questo momento. Resto seduto qui, con la schiena poggiata alla pietra fredda che, senza repliche, mi riporta antiteticamente al mondo: è ora che ti ascolto, ora che non parlano più le foto, parlami di te.

Stefano Uccheddu

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