Ecco i più forti calciatori naturalizzati che hanno vestito la maglia azzurra
Polemica sugli oriundi? Il “Classifichiamo” ripercorre parte della storia della nazionale italiana, analizzando quali sono stati i migliori giocatori stranieri a vestire la maglia azzurra. Verranno classificati non solamente in base alla loro abilità, ma anche tenendo conto dell’apporto dato alla causa azzurra. Vediamo, dunque, chi sono stati i più bravi.
10° posto: Renato Cesarini (Argentina)
“L'espressione Zona Cesarini è usata per indicare i minuti conclusivi e di recupero in un evento sportivo, in particolare nel calcio”. Ha preso il nome da lui: Renato Cesarini. Mezzala della Juve per sei stagioni, era celebre appunto per questa sua particolarità di segnare nei finali delle partite. Questo appellativo gli verrà dato dopo un gol all’ultimo secondo siglato in Italia – Ungheria. Rete segnata allo stadio Filadelfia di Torino nel 1931: di importanza colossale, poiché diede la vittoria all’Italia contro la nazionale, a quel tempo, più forte in Europa. Fu anche la sua unica rete in azzurro, era troppo ribelle per il commissario tecnico Pozzo che gli concedette solo 11 presenze. In realtà lui nasce in Italia, a Senigallia, ma viene comunque considerato oriundo. Quello che è sicuro, è che il suo nome non verrà mai dimenticato.
9° posto: Thiago Motta (Brasile)
Ce lo ricordiamo bene. Anche se sono passate un po’ inosservate, lui conta ben 21 presenze con la nazionale italiana, il quarto oriundo con più presenze in azzurro. Per quanto riguarda i club, è stato uno degli uomini fedeli di Mourinho nel Triplete completato dall’Inter nel 2010, nonostante l’espulsione (ingiusta) patita in semifinale che non gli ha permesso di prendere parte al match col Bayern Monaco. Per il resto, non è mai stato un campione assoluto, ma un giocatore di sicura utilità per la squadra. Buona qualità, bravo nell’interdizione e negli inserimenti. Non decisivo in nazionale, ma un giocatore che può sempre servire.
8° posto: Atilio Demaria (Argentina)
Mezzala sinistra di riserva nella nazionale che vinse il Mondiale del 1934. La sua importante carriera conta anche un secondo posto alla Coppa del Mondo del 1930, con la maglia dell’Uruguay. Pedina fondamentale dell’Inter (che in quell’epoca si chiamava Ambrosiana-Inter) del primo dopoguerra, in cui milita per ben dieci anni. Conta 268 presenze e 76 reti per la formazione nerazzurra. Dopo l’Inter, gioca in Novara, Legnano e Cosenza. Da ricordare la sua grande duttilità tattica che gli permetteva di giocare indistintamente come centrocampista e come punta. Campione del mondo.
7° posto: Josè Altafini (Brasile)
Eh sì ha giocato anche con l’Italia. Solo sei presenze e cinque gol per lui nella nazionale azzurra. Partecipa al Mondiale del 1962 in cui viene preso come capro espiatorio dall’opinione pubblica dopo la partita contro il Cile, ricordata come la Battaglia di Santiago. Venne infatti accusato di non essersi battuto abbastanza in questa sorta di guerra. In effetti, il gioco duro non faceva parte delle sue qualità. Dopo quella gara, Altafini non venne più convocato nella nazionale italiana. In maniera esagerata visto che aveva solo 24 anni,. Tuttavia questo attaccante rimarrà nella memoria di tutti soprattutto per le sue segnature. 205 presenze e 120 gol con il Milan, 180 presenze e 71 gol con il Napoli, 74 presenze e 25 gol con la Juve. Quarto assoluto per realizzazioni nel nostro campionato, secondo straniero per il maggior numero di presenze dopo Javier Zanetti. Attaccante d’area come pochi ne sono esistiti. Tecnica, agilità e soprattutto astuzia le sue caratteristiche basilari. Con questi numeri, chi se ne frega se non metteva la gamba nei tackle.
6° posto: Enrique Omar Sivori (Argentina)
Classe sopraffina per il talento che ha fatto la storia della Juventus. Soprannominato “Cabezon” per l’inusuale grandezza della sua testa, lasciò un segno indelebile nel campionato italiano. Arrivato per 10 milioni di pesetas (a quel tempo un prezzo altissimo) nell’estate del 1956, l’anno dopo dette un contributo decisivo per la vittoria della Serie A. Rimase alla Juve per 8 stagioni, prima di passare al Napoli. Vinse il Pallone d’Oro nel 1961 e dallo stesso anno fu impiegato nella nazionale italiana, dopo i suoi trascorsi in quella albiceleste. Tuttavia, con la maglia azzurra solo 9 presenze, con però 8 gol. Ma il suo mancino, da queste parti, rimarrà indimenticato e indimenticabile.
5° posto: Luisito Monti (Argentina)
Gladiatore del centrocampo della Juventus negli anni ’30. Calciatore molto duro, ma di cui bisogna ricordare l’anima che metteva ogni partita nel rettangolo di gioco. Per lui 225 presenze nella società bianconera con cui vinse quattro campionati consecutivi, vissuti da protagonista. Unico giocatore ad essere stato schierato in due finali di Coppa del Mondo, con due squadre diverse: Argentina e Italia. Con gli Azzurri 18 presenze, 1 gol e la vittoria della Coppa Rimet (Mondiale) del 1934. La prestazione più memorabile della sua carriera, la compie proprio con la maglia azzurra ad Highbury, in un’”amichevole”contro l’Inghilterra nel 1934, persa dalla nostra nazionale 3 a 2. Quella partita viene ricordata tutt’ora come “La battaglia di Highbury”, tanto per far capire l’agonismo con cui è stata giocata. In questa gara, Monti rimase in campo nonostante l’alluce spezzato, pur di non lasciare in dieci i compagni (al tempo non esistevano le sostituzioni). Un appellativo per lui? Eroico.
4° posto: Michele Andreolo (Uruguay)
Una vita da mediano. Elemento cardine del Bologna che vinse lo scudetto nel 1936. Stette ben 8 anni nel capoluogo dell’Emilia Romagna. Nella nazionale italiana, per lui 26 presenze e 1 rete. Ma soprattutto la vittoria della Coppa del Mondo del 1938. Per lui anche 5 presenze nell’Uruguay, con la vittoria di una Coppa America. In Italia impressionò per l’autorità con la quale giocava, per il suo potentissimo tiro e per la capacità di abbinare una buona tecnica ad un fisico prorompente. Un giocatore completo. Uno dei primi ad esserlo.
3° posto: Julio Libonatti (Argentina)
Uno degli attaccanti più forti (forse il più forte) del primo dopoguerra. Ha fatto la storia del Torino, per cui ha giocato 9 anni, collezionando 239 presenze e 150 gol. Giocò anche per l’Argentina, che già a diciotto anni lo fece esordire nella nazionale maggiore. Fu il primo giocatore sudamericano a trasferirsi in Europa. Arrivato in Italia come ala, cambia ruolo segnando una caterva di gol, come dimostrato dai numeri. Era una punta piccola, ma furba e agile. Per fare un parallelo con un giocatore di oggi, si può paragonare a Di Natale. Il suo colpo preferito era il tiro di punta, particolarità del suo modo di giocare. Fu il primo oriundo della nazionale italiana, con cui esordì nel 1926. 17 presenze e 15 gol per lui con la maglia azzurra. E’ stato anche uno dei primi calciatori con uno stile di vita da dandy: non a caso, dopo il ritiro, si ritrovò in gravose difficoltà economiche e dovettero addirittura pagargli il biglietto (che lui non poteva permettersi) per tornare in Argentina. Insomma, personalità eccentrica. Ma anche pioniere del gioco del calcio.
2° posto: Mauro German Camoranesi (Argentina)
Memorie fresche. Riserva di lusso e pupillo di Lippi nell’Italia che vince la Coppa del Mondo nel 2006. Grande giocatore, di temperamento fortissimo e con piedi sopraffini. Capacità di giocare a ritmi alti e di mantenere comunque un buon livello di giocate. La Juve del secondo millennio ha avuto in lui un elemento cardine. E’ il giocatore oriundo con più presenze in nazionale, 55 condite da 5 reti. Tutti ricordano il momento in cui, dopo la vittoria della finale con la Francia, si rasò i capelli per scommessa in mezzo al campo. Nel cuore di molti è come se fosse nato realmente in Italia.
1° posto: Raimundo Orsi (Argentina)
Superato solo recentemente da Camoranesi per quanto riguarda le presenze, da oriundo, nella nazionale italiana. Per lui sono 35 con 13 gol. Semplicemente decisivo per la nostra formazione nel 1934, quando nella partita dei quarti di finale di Coppa del Mondo contro la Cecoslovacchia, segna il gol che concede il pareggio agli azzurri e manda la gara ai supplementari. Quel mondiale poi ce lo portammo a casa. Era un’ala sinistra di clamorosa velocità e con grandissima capacità tecnica e nei movimenti di corpo. Rivoluzionò, in parte, il suo ruolo: è stato infatti una delle prime ali ad attaccare la porta e non a cercare solamente di arrivare sul fondo per effettuare il cross. Sette anni alla Juventus dimostrano l’importanza della sua carriera. Storia italiana.
Ha scritto per voi e per Informazione Gialla, Alfredo Montalto
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