domenica 29 marzo 2015

MOTO GP - Tutti in piedi sul divano: Rossi c'è!

Siamo a Losail, Qatar, circuito nel deserto, si viaggia in notturna: torna la Moto GP, torna il grande spettacolo, anche grazie ad una pista meravigliosa.


Moto 3 – Che Pecc(at)o! Enea beffato per un metro, Fenati non c’è.
Vince il poleman, il francesino Masbou; ma che spettacolo! Gara superlativa dei ragazzini più giovani che si affacciano al motomondiale che si divertono e fanno divertire. Partiamo con una nota negativa: i piloti dello SKY Racing Team VR46 non vanno a punti: Fenati lascia all’ultimo giro dopo una gara di sofferenza, sempre lontano dalla zona punti; mentre Migno, al debutto al mondiale, non va mai oltre la ventiquattresima piazza. La gara vede due protagonisti assoluti avvolti dal tricolore: Pecco Bagnaia fa una gara super, da vero leone, sorpassi cattivi, coraggiosi, per poi essere frenato all’ultimo giro da un contatto con il rookie francese (interessantissimo per altro) Quartararo: finirà nono, dietro ad un altro italiano, Niccolò Antonelli. L’altro supereroe è Enea Bastianini del team Gresini, fregato al fotofinish dal francese Masbou, sornione per tutta la gara, per pochissimi metri. La classe italiana è arrembante e lo dimostrano questi piccoli indemoniati.


Moto 2 – Che giornata per Gresini. Zarco rompe con il brivido, super-Rins su “Morbidinho”.
Folger vince subito la prima, approfittando di un problema per Zarco dominatore assoluto del GP, tra le cadute generali. Sono caduti tanti protagonisti: il romano Simone Corsi, steso da Tito Rabat (c’è da dire che Corsi è entrato un po’ scomposto), Lowes (l’uomo della pole) e cade anche metaforicamente Zarco. Terzo posto per lo svizzero Thomas Luthi, secondo posto per il belga del team Gresini, Xavier Simeon, che completano una doppietta straordinaria: Bastianini e Simeon fanno gioire il team manager italiano. Franco “Morbidinho” Morbidelli, assiduo frequentatore del ranch di Valentino, ci regala un grande spettacolo mettendosi dietro Sandro Cortese e lottando con un rookie d’eccezione: Alex Rins. Il pilotino spagnolo, baciato dal talento, alla prima in Moto2 sfiora il podio all’ultima curva, ma il suo debutto è da campionissimo.


Moto GP – Rossi è apoteosi! Honda torna sulla terra, Ducati vola in cielo.

Tripletta italiana, dal Mugello 2005 non succedeva una cosa simile. Valentino Rossi magico, fantastico, incredibile, veramente una divinità di questo magnifico sport. Ottavo in griglia, partito male, si ritrova a rimontare dalla decima piazza, ma alla fine è apoteosi: una rimonta fantastica con tanto di bagarre con Dovizioso, frenato solo da Rossi, qualcosa in più che un semplice pilota. Marc Marquez prende una carenata in partenza da Bradley Smith e finisce in ultima posizione: rimonta fino alla quinta posizione alla sua maniera ed alla fine è un gran risultato. Pedrosa, come al solito, bello da vedere, ma avulso in gara: immagine di una Honda che va via dal Qatar con un quinto ed un sesto posto, troppo poco per la scuderia capitanata da Livio Suppo. Uno splendido circuito, una splendida gara, coronata dalla storica e attesa tripletta italiana. La Spagna torna con le pive nel sacco, senza nemmeno un pilota sul podio nelle tre classi del mondiale, ma attenzione a considerarli finiti. 

Le manifestazioni di ieri a Torino - Comizio leghista e contestazione


Il sabato torinese infiammato dal comizio della Lega Nord e dagli scontri tra polizia e contestatori

CASO CONTE: "Amor c'ha nulla amato amar perdona"? - Antonio torna da Francesca


Canto V dell’Inferno dantesco, Paolo e Francesca, Dante eclissa la loro anima dannata con l’immagine di un amore necessariamente corrisposto per giustizia divina, per un paradigma letto e memorizzato dal libro galeotto che li lasciò nelle mani del destino maledetto. La Juventus e Antonio Conte si sono amati: hanno flirtato ed hanno lasciato il porto insieme come Jack e Rose e dopo tre anni sono affondati contro un iceberg di bugie e verità non dette, come se iceberg non ne avessero già schivati abbastanza. Ma quanto questo amore era reciproco? Quanto trasporto c’era? Questo non si sa e forse non si saprà mai. Il secondo giorno del ritiro di luglio, dopo la clamorosa notizia del suo addio alla sua Signora, nessuno avrebbe mai auspicato il suo approdo sulla panchina della Nazionale per una serie esponenzialmente grande di fattori. Conte, il sergente di ferro, colui che si alimenta di campo, di corsa, di allenamenti, va ad allenare a 45 anni una Nazionale problematica e saltuaria come quella azzurra? Per carità, la sfida è allettante e Antonio ha dimostrato quanto sia attratto dalle sfide; ma la scelta non mi ha mai convinto come non ha convinto molti altri tifosi di calcio. L’ex allenatore della Juve sembrava e sembra oggi il Messia, l’unico in grado di risollevare le sorti della selezione azzurra dopo la débâcle doppia: 2010-2014 firmata dalla leggenda Lippi e dal desaparecido Prandelli. Esordio ottimo con due schiaffi rifilati agli Oranges, autori di uno splendido mondiale sotto la guida illuminata di Van Gaal, match di qualificazione per gli europei discreti: la squadra appare spesso spaesata e carente di talento. 


In questo momento storico è inutile nascondersi, in Europa abbiamo almeno 5-6 squadre davanti: naturalmente la Germania, la Spagna che non muore mai, l’Inghilterra che sta attraversando un ricambio generazionale strepitoso (vedi i vari Sterling, Kane, Chamberlain, Shaw, Chambers…), il Belgio dei fenomeni (mi sbilancio: potenzialmente la squadra più forte d’Europa!), la Francia dei gioielli (Pogba e Kondogbia coadiuvati dalla coppia Griezmann-Benzema) e, ultima ma non ultima, la Croazia dei ragazzi geniali e del centrocampo illuminato (Rakitic, Modric, Kovacic, Brozovic, Perisic, senza dimenticare la punta Mario Mandzukic). Conte invece tira una coperta cortissima che ha assistito ad un ricambio generazionale assolutamente deludente, anche vittima di un esterofilia italiana preoccupante e di un lavoro scarso sia come risorse economiche, sia come scouting sui settori giovanili. Ecco allora che il tecnico salentino pesca a piene mani ai confini delle cittadinanze e delle regole della FIGC: Eder riceve la convocazione tramite il bisnonno italiano, Vazquez grazie alla madre italiana e Dybala ci snobba sognando albiceleste. Per quanto i due ragazzi convocati siano assolutamente talentuosi e meritevoli per quanto dimostrato in stagione, qualche anno fa non sarebbero mai rientrati nemmeno nei 30 pre-convocati per un mondiale. Non nascondiamoci dietro l’inutile polemica “oriunda”: il problema non sono le convocazioni (comunque “particolari” di Conte: perché gente come Sansone, De Silvestri, Croce e Rigoni restano a casa?) di Conte, ma la rosa poverissima di scelta che ha il ct, soprattutto per il lavoro pessimo che si è svolto dopo il glorioso 2006. Antonio non può da solo risollevare una zattera che imbarca acqua da tutte le parti ma, paradossalmente, il primo a voler saltar giù sembra essere proprio lui: minacce continue, velate o per mezzo stampa, addii ventilati, proposte fantasma: insomma Antonio, quanto credi in questa matta rincorsa azzurra, quanto credi nel progetto Tavecchio? Purtroppo, agli occhi di tutti, sembra che il giovane commissario tecnico stia cercando il capro espiatorio buono per evadere da questo ben remunerato (4 milioni) impegno: che dietro ci sia la proposta di un progetto più abbordabile? Che sia stato invitato in un ristorante da 100 euro? 


Questo non si sa, ma questo continuo malcontento e le continue punzecchiature con la Juventus non fanno bene alla Nazionale Italiana: si è partiti con la richiesta degli stage, mal accolta dalla propria ex società, e si è concluso con lo scontro con John Elkann sul “mistero Marchisio”. Altro punto d’analisi e scontro: al centrocampista bianconero dapprima viene diagnosticata la rottura subtotale del crociato anteriore (per intenderci un infortunio simile a quello che ebbe Del Piero), provocando lo sconforto dell’ambiente Juve che vede l’ennesimo suo giocatore tornare alla base, dopo esser stato sotto la cura-Conte, con un problema di qualsivoglia natura. A mente lucida si dev’essere fatalisti, l’infortunio occorso a Marchisio poteva accadere anche a Vinovo sotto gli occhi di Allegri e del suo staff, ma non è finita qui. Vanno subito sotto accusa i metodi d’allenamento del tecnico salentino: le doppie sedute continue a fine marzo, con le gambe già logore, non sono una mano santa, né una scelta conservativa nei confronti dei club che concorrono per traguardi importanti, ma Conte sta svolgendo il proprio lavoro e nessuno dovrebbe metterci becco. Marchisio torna mesto a Torino, sotto la strumentazione della clinica Fornaca si sottopone ad ulteriori accertamenti: nessuna lesione, solo una lieve distorsione. Crolla il castello e Conte viene scagionato da un delitto mai compiuto, ma le diatribe con l’ambiente juventino non si placano affatto: continue frecciatine e parole al veleno, testimoni di quanto le due parti si siano lasciate in malo modo. Tutte le polemiche costituiscono il contenuto su cui dibattere, senza mai rivelare le crepe della loro relazione più profonda. Anche parte della tifoseria ha storto il naso di fronte alle scelte ed alle parole del proprio ex mister, nessuno ha dimenticato, ma tutti hanno sentito e spesso le parole fanno più male dei gesti. Ormai i due amanti viaggiano su binari diversi, ma martedì, Antonio tornerà a casa e ritroverà Francesca ed è proprio allora che Dante riprenderà in mano la penna: sarà “amor c’ha nulla amato amar perdona”?

Stefano Uccheddu

martedì 24 marzo 2015

[RECuperiamo] - I soliti sospetti

I soliti sospetti (The Usual Suspects, 1995, diretto da Bryan Singer, con Kevin Spacey e Gabriel Byrne)

lunedì 23 marzo 2015

L'Europa insegna, l'Italia sogna - Parlami di te bella Signora

Nel segno dell'Apache
L'Italia sogna sulle note e sul pentagramma di Gianni Morandi, anche la bella Signora ha cominciato a parlare, per cantare aspetta ancora qualche notte. L'impresa al Signal Iduna Park di Dortmund legittima nuovamente il calcio italiano, corsaro in Germania, la nuova terra di Canaan anche per i nostri connazionali. Ma ci sono ancora le motivazioni dopo una vittoria di quelle dimensioni, morali e fisiche, per vincere in un campionato in cui sei già a +14 sulla seconda? A quanto pare sì, e questa fame ha un nome ed un cognome: Carlitos Tevez. E' ancora l'Apache a guidare i bianconeri verso gli aurei lidi, con uno sguardo verso Firenze ed un occhio che guarda di traverso Monaco. Bravi e fortunati gli uomini di Allegri che pescano bene anche a Nyon: la squadra di Jardim, il Monaco, è l'avversario migliore che potesse capitare, ma attenzione a non sottovalutare la miglior difesa di questa Champions League. Nel mondo dei social network, Allegri non cinguetterebbe nessun #fiuuu, nessun #olè, solo un coraggioso #sepuede. 


Suarez azzanna il Classico, Bale e Kross, where were you?
Ancora una volta loro: Barcellona-Real Madrid, con gli occhi di tutto il mondo puntati su di loro. MSN vs. BBC, no i media non c'entrano nulla: Messi-Suarez-Neymar contro Bale-Benzema-Cristiano Ronaldo, la battaglia tra i due attacchi più forti del mondo va in scena al Nou Camp di Barcellona. Una partita bella, ma sorniona nei primi 20', sbloccata dal colpo di testa di un sorprendente Mathieu, su punizione di Messi, viene riacciuffata 10 minuti dopo dal solito CR7 che raggiunge Raùl Gonzàlez Blanco con 15 reti nel 'Clasico'. Messi sembra tornato quello fantasmagorico dell'era Guardiola: parte dal centro destra, arretra, recupera palla, dispensa dribbling e magie, ma la magia che decide la partita la regala 'el Pistolero', Luis Suarez. Controllo di controbalzo al di fuori dell'umano su lancio di 50 metri dalla difesa, si beve Pepe e incrocia di destro, battendo Iker Casillas. Una magia di uno dei fenomeni della squadra di Luis Enrique che regala, sul finale, la standing ovation del Camp Nou ad un sontuoso Neymar. Il Real ne esce ulteriormente demolito da questa sconfitta: Ancelotti non riesce più a trovare l'equilibrio in una squadra completamente votata all'attacco, che non sa difendersi, ma non date le colpe a Carletto: la colpa di questa situazione è di un mercato scellerato, che ha venduto i propri gioielli ed ha preso gli uomini immagine del mondiale a caro, carissimo prezzo.


Gerrard vilipendio alla Regina. Please don't stop this Mata
Quaranta secondi: è riassumibile così il canto del cigno di Steven Gerrard nella leggenda dei derby d'Inghilterra, ma andiamo con ordine. Due grandi formazioni si giocano l'accesso alla prossima Champions League, ad Anfield, teatro dei sogni più di quanto lo sia, in questa giornata, l'Old Trafford. Pronti, via sono subito i Red Devils a scolpire il proprio marchio sul marmo: filtrante strepitoso del basco Ander Herrera per Mata, che alza la testa e castiga Mignolet con il destro. All'inizio nella ripresa il dramma: Gerrard, subentrato a Lallana, entra duro due volte e prende una doppia ammonizione record, 40 secondi di follia ed incredulità, vilipendio al calcio, vilipendio alla Regina. "God saves the Liverpool" a questo punto, ma 10 vs. 11 il Manchester ha vita facile: il neo-entrato Di Maria delizia Anfield con un lob perfetto per Mata, che si inventa una mezza rovesciata orgasmica. 0-2, Knock-Out. Ma il Liverpool non muore mai quando pulsa la Kop: Coutinho si incunea splendidamente da sinistra, salta tre uomini e offre un cioccolatino a Sturridge che non sbaglia. Sulle ali dell'entusiasmo, Rodgers si gioca anche la carta Balotelli che risulta ancora una volta essere futile e pericolosa. Con la squadra già in inferiorità numerica, l'ex Milan pensa sia divertente scalciare Jones e beccarsi il primo giallo dopo pochi minuti. Il rosso è fermato solo dagli straordinari tifosi dei Reds che placcano letteralmente Balotelli, prima che reagisca all'ennesimo contrasto ruvido con Smalling. Van Gaal ne esce a testa alta e con una straordinaria capacità nel rigenerare giocatori che sembravano morti (Mata, Fellaini, Smalling, Young...), ma anche Rodgers non camminerà mai solo, e lo sa. 










martedì 17 marzo 2015

Serie A vista Europa: la Juve uccide il campionato








"Elementare Watson: è stat' Rafè"

Questa squadra potrebbe volare, io personalmente ho un debole per il suo potenziale offensivo, perché hanno sicuramente l'attacco più forte d'Italia, però tutto il resto del campo vede buchi, fosse e voragini. Come se non bastasse la ricerca del centro di gravità permanente, ci si mette anche Benitez con il suo solito scellerato turn-over: tener fuori Higuain, dopo una tripletta europea e con una qualificazione ai quarti diciamo "ben avviata", è solo la punta di un iceberg troppo grande per esser raccontato in poche parole. Il tecnico spagnolo ha dimostrato nella sua gestione tanti, troppi alti e bassi: dal battere la Juventus dei record, alle coppe nazionali al cadere contro le piccole del nostro campionato in maniera costante. Gli azzurri hanno un potenziale inespresso impressionante, ma se c'è un ingranaggio che non fa esplodere il detonatore è proprio il buon Rafè; elementare Watson!


Rudi non sa più vincere, Felipe Anderson sulle orme dei grandi. 

A Roma il vento soffia a favore della vela biancoceleste, ormai appaiata alla zattera giallorossa. La banda dello skipper Pioli vola sulle ali di un super Felipe Anderson: doppietta del brasiliano, sempre più leader è sempre più gioiello di questa meravigliosa squadra che, per orfana di Candreva, schianta un Torino molto rimaneggiato in vista dello Zenit. Il vento è contrario da tempo ormai per Garcia ed i suoi uomini: sconfitta bruciante, in casa, contro una Samp corsara che si regala sogni di gloria per qualche settimana, ad un punto da un Napoli sempre meno a fuoco. Quali sono i problemi di questa Roma? Il problema non è qualitativo, bensì quantitativo: un'errata campagna mediatica, un mercato rivelatosi poco oculato nel banale rapporto qualità prezzo, la gestione nebulosa di uno spogliatoio fumantino e un ambiente mai troppo magnanimo hanno distrutto una squadra che sembrava destinata a giocarcela a viso aperto su tutti i fronti. La medaglia ha sempre due facce, il destino lancia, ma da tempo la testa di Cesare guarda terra senza puntare mai il cielo.


Juve, ora punta l'Europa! Milan, ora punta a salvare baracca e burattini...

Due incitamenti, due speranze le mie. La Juve, assoluta padrona in Italia, deve avere il coraggio di spiccare il volo anche in Europa, al Westwallen Stadion di Dortmund l'impresa ci riuscì 9 anni fa, riuscì a tutti gli italiani, ora tocca ad un club italiano: Juve, credici! 
Il Milan di mr. B, non ancora Bee, ma dell'ape Berlusconi che vince cause su cause punzecchiando chiunque, dalla politica al calcio. Non ha ancora venduto e il suo alveare è un vespaio dove non c'è ape regina e le api laboriose sono in sciopero non giustificato. Cade, sprofonda sotto il fioretto e la sciabola dei ragazzi di Montella: Rodriguez e Joaquin sono classe, cuore e carattere per la propria squadra, tutto ciò che manca oggi ai rossoneri.

Ha scritto per voi e per Informazione Gialla

[RECuperiamo] - Assassini nati

Assassini nati (Natural Born Killers, 1994, diretto da Oliver Stone, con Juliette Lewis e Woody Harrelson)

giovedì 5 marzo 2015

lunedì 2 marzo 2015

"Verité" - Parma brucia



Alla fine del XIX secolo, lo scrittore francese, Émile Zola, difese il generale ebreo Dreyfus, accusato ingiustamente di spionaggio verso gli odiati tedeschi dalla corte marziale francese, in un documento chiamato "Verité", dove esponeva la propria (oggettivamente vera, ma non riconosciuta) analisi sul caso. Questo scritto divenne l'ancora di salvezza di Dreyfus che, grazie soprattutto alla ricerca del vero di Zola, riuscì a farsi reintegrare nell'esercito francese, facendo cadere ogni accusa.

La ricerca del vero servirebbe per risolvere la diatriba Parma, così come servirebbero nel mondo del giornalismo più Émile Zola e meno sciacalli di lapidi, ma questa è un'altra, seppur collimante storia. È storia di bonifici inarrivabili, presidenti fantastici (nel senso più fantasy del termine, all'appello mancherebbero solo un nano ed un hobbit) e di ritardi nei pagamenti delle imposte IRPEF: insomma, una storia triste e misteriosa, soprattutto misteriosa. 

Andiamo con ordine: Ghirardi paga in ritardo una tassa IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) sugli stipendi dei suoi ragazzi, dal corrispettivo di 300.000 euro. Già qui ci sono delle discrepanze pericolose da analizzare: una società che ha investito negli anni oltre 20 milioni di euro, dimentica (o comunque non paga) 300mila euro di imposta? Perché dovrebbe farlo? Ma quando sembrava superato anche questo gradino che, oggettivamente, non poteva far cadere giganti, ecco la seconda magagna: non c'è la Licenza UEFA per far giocare il Parma al Tardini in Europa ed il problema sembra tanto insormontabile da non poter essere risolto. Nessuno stadio che ospitasse i ducali, nessun investimento che aiutasse lo stadio Tardini ad essere a norma. 

L'UEFA non sente ragioni: il Parma non va in Europa e la Lega in Italia non aiuta la propria squadra, ma fa figli e figliastri spingendo immediatamente Cairo per lanciare la propria candidatura verso i preliminari di Europa League al posto della società di Ghirardi. Proprio quest'ultimo va su tutte le furie e si dimette, non curante di possedere ancora la società, con un'accusa tagliente verso un sistema marcio e corrotto. Dove sta il filo di Arianna però? Le prime voci di un Parma impossibilitato a giocare in Europa League le si sentivano già dalla terzultima giornata di campionato, quasi come fosse un rumore di fondo fossile al sapore di minaccia velata. Ghirardi ha provato a tener su la baracca nonostante debiti e numeri mostruosi: 242 giocatori a libro paga tra Serie A (per portare un paragone, una società come la Juventus ne ha circa 70), Serie B, Lega Pro e serie minori, sono un numero inimmaginabile nemmeno per una big super finanziata dagli sponsor. A questo punto voi direte: "Tutto molto bello (parafrasando il grande Pizzul), ma se le cose stavano così il Parma sarebbe comunque fallito!" Ecco, non esattamente, anzi no. Vi spiego: con l'entrata in Europa il Parma avrebbe incassato una cifra intorno ai 20-30 milioni, sponsor inclusi, con un potenziale di crescita esponenzialmente maggiore a quello di molte squadre in Italia. 

La cessione dei pezzi grossi (Biabiany, Parolo, Paletta e Cassano) avrebbe portato ulteriori liquidi in casa Parma che, in piccola parte, la società avrebbe reinvestito ed comprare qualche giocatore, ma che in buona parte avrebbe contribuito alla ricostruzione societaria che aveva in mente il duo Ghirardi-Leonardi. La Lega non ha supportato il Parma per portare a compimento questo progetto che sarebbe dovuto rimanere inter-nos ed ecco chiuso il cerchio con conseguente comprensione delle parole al veleno di Ghirardi. La Lega Calcio era perfettamente a conoscenza della situazione in cui versavano i gialloblù e ha beatamente voltato le spalle alla società di Ghirardi affossandoli definitivamente verso il prossimo fallimento o pseudo tale. In tutto questo sistema che suona tanto di "House of cards" l'AIC (Associazione Italiana Calciatori) stava a guardare disinteressata, per poi ergersi a solidale e sindacalista nell'ultimo periodo, confermandosi uno degli agglomerati più inconsistenti ed insensati del calcio italiano. 

Questo omicidio non ha una colpa unitaria, ma una serie di carnefici che, chi più chi meno, hanno accoltellato la storia di una società gloriosa: se Ghirardi aveva imbastito un piano utopico che si appoggiava molto, anzi troppo, sull'aiuto di una Lega che si è dimostrata egoista nel suo preservare la propria immagine in superficie, lo stesso Tavecchio continua a scivolare dopo un'elezione che ha ancora dei lati oscuri. Cosa c'entra Tavecchio? Beh dopo la cessione di Ghirardi sono arrivati personaggi uno più strano dell'altro affermando di essere i nuovi presidenti del Parma e avete sentito una presa di posizione da parte dell'inibito Tavecchio? No. Questa società continua a passare di palo in frasca: da società con nomi impronunciabili per il presidente stesso, passando per Taçi, fino a Manenti. Possibile che non vi sia un'ente che possa verificare le disponibilità economiche di un futuro acquirente di una squadra di Serie A, come avviene in Premier League? 

Tutto ciò ha dell'assurdo, l'unica squadra che ne giova è il Toro che, impresa su impresa, è arrivata agli ottavi di coppa arricchendo e migliorando paradossalmente la posizione della FIGC ed il ranking UEFA italiano. Una situazione paradossale dove la Lega ne esce da vincitrice dopo aver ucciso un proprio figlio senza versare lacrime, ma che ora esulta sulle spoglie di una vittima uccisa e violentata, facendo finta di non saper nulla, ma con la mano ancora insanguinata. 

Stefano Uccheddu