martedì 5 maggio 2015

Un artista del pallone: Alex Del Piero, un surfista al Bernabeu.


Momento storico: dove eravamo?
È il 5 novembre del 2008. È quella che si può considerare una notte come tante, anzi, una notte di Champions come tante altre. La Juventus di Ranieri, reduce da una vittoria con la Roma affronta il Real Madrid di Schuster, che dopo un favoloso anno sulla panchina del Getafe, si appresta ad assaggiare la panchina più prestigiosa di Spagna.
I bianconeri sono nettamente inferiori, sul piano qualitativo non c'è paragone: il Real del presidente Caldèron sembra poter passeggiare sulle macerie di una Juventus troppo fenice per esser pronta.


Aria d'Europa? No, aria di Bernabeu,
Consueto 4-4-2 del tecnico testaccino, in difesa come terzino destro fuori Grygera infortunato, dentro Mellberg, ma la sorpresa è a centrocampo: affianco alla "Piovra nera" Sissoko (in quel periodo uno dei migliori metodisti d'Europa) giocherà Tiago, "la lavatrice". Il centrocampista portoghese, chiamato così in Francia perché si diceva riuscisse a recuperare i palloni al fine di renderli giocabili, non era mai entrato nelle grazie né di Claudio Ranieri, né del popolo bianconero che, di palloni puliti, ne ha visti ben pochi.
La stampa sembrava esser concentrata sui cardini rumorosi della Juventus: si parlava delle possibili difficoltà di Mellberg, di Tiago, di Marchionni (incredibile ma anche lui calcò il Bernabeu), ma nessuno parlava di Del Piero. Per il capitano bianconero, quella del Santiago Bernabeu, rappresentava una delle ultime occasione per imporsi in Europa, su un campo prestigioso come quello del Real Madrid. Si dice che il grande surfista senta l'onda ancor prima che essa nasca, perché portatore di un dono naturale; proprio per questo si avventura in mare aperto sapendo che l'onda giusta è lì, dove l'occhio non l'ha ancora vista nascere. Alex sapeva che l'onda giusta era lì, in mare aperto, sapeva che sarebbe arrivata di lì a poco: lui, solo lui, nessun altro poteva prevedere cosa sarebbe successo quella notte.


La partita: cuore, gambe e Alex Del Piero.
La voce di Fabio Caressa inonda le casse del televisore: "Alex Del Piero, un uomo che ha segnato in tutti i più grandi stadi d'Europa, tranne che al Bernabeu. È la volta buona? Scopriamolo insieme."
L'arbitro fischia, la partita comincia. Bastano 17' e il "debito" è saldato. Del Piero, servito da Marchionni (sì proprio lui...), sgroppa a da centrocampo fino ai 20-25 metri e scocca un chirurgico sinistro a incrociare che lascia esterrefatto Casillas. Si va al riposo, Real Madrid-Juventus 0-1, sull'onda c'è Alex Del Piero.
Una Juve con il sangue negli occhi è condotta sui colli madrileni dal suo condottiero, sempre più imperatore, sempre meno guerriero.
Al 22' del secondo tempo, ecco il lampo del gladio mai riposto: punizione dal limite conquistata, dal braccio armato Sissoko, Alex calcia, Casillas guarda, senza professar parola, tutto è fermo: la palla è in fondo alla rete, 0-2, apoteosi bianconera.
Siamo al 47' del secondo tempo. La lavagna luminosa sberluccica un "10" di colore rosso, ciò significa che Alex Del Piero lascerà il campo di battaglia. Ottantamila persone sono pronte all'investitura regale, sono in adorazione, sono in piedi: in quel momento si diventa amanti del calcio, l'arte del "fare calcio", dimenticando bandiere e colori. Tutti in piedi davanti ad un artista che ringrazia con l'umiltà tanto umana che lo ha sempre contraddistinto.


Alessandro Del Piero ha reso fieri non solo i tifosi bianconeri, non solo il tifoso italiano, ma il tifoso di calcio e questo tipo di tifoso non ha né età, né confini geografici, perché di fronte ad un artista l'occhio lascia spazio al cuore.

Torino, 06/11/08


Stefano Uccheddu

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