Quella volta che BB King suonò al Fox Theatre
Ero a Detroit l’estate di quattro anni fa. Tornavo da un
anno trascorso nelle grandi pianure dell’Oklahoma, a sollevare pesi e togliere
tarantole da sotto il letto, e mi godevo il ritorno in Italia nel sedile del
passeggero di una Mitsubishi grigio metallizzato senza lettore CD (si poteva
solo ascoltare “the best of Marvin Gaye – Vol. 2, che c’era rimasto incastrato
dentro). Mia madre la aveva affittata a Dallas, in Texas, e dopo essere passata
a prendermi abbiamo proseguito fino a New York, attraversando mezza America e
quella piccola fetta di Canada che forma la sponda nord del lago Erie. Ma
quello non era ancora successo. Eravamo a Detroit, in un vecchio albergo
sopravvissuto chissà come alle molteplici crisi del mercato automobilistico e
petrolifero, un raro cimelio intatto della grande città morta, quando era
ancora nel fiore dei suoi anni. La città
morta ha il suo fascino, il fascino di quella Pompei senza turisti che nessuno
ha mai potuto vedere, ma si rischia di dimenticare che qualcuno ci vive ancora.
Quando sono passato davanti al Fox Theatre, sulla Woodward,
ho detto: “Ma BB King non era morto?”. Mia madre non aveva strumenti per
sostenere il contrario, quindi pensai che fosse una cover band, anche perché
non c’era così tanta coda li davanti. Per fortuna scesi a chiedere spiegazioni
in biglietteria, dove un commesso nero evidentemente prossimo alla fine del
proprio turno alla domanda “Is there really BB King tonight?” mi rispose
indicando il poster della serata e chiedendomi se sapevo leggere. Due
biglietti, una ventina di dollari appena (forse di meno), due posti in
piccionaia.
Sentire suonare il blues da King era la mecca di ogni amante
della musica, sentirlo suonare a Detroit, in un teatro Art Deco degli anni ‘20,
in mezzo a una piccola folla di neri che ti impedivano gentilmente di assistere
allo show seduto e fermo (per fortuna), un’esperienza unica.
Non ricordo neanche cosa abbia suonato, giusto un pezzo di
“Three o’Clock Blues” e poi tutto blues, solo blues, puro blues fino alla fine
dei tempi. Lo ricordo grosso, grasso e sudato che si accaniva su quella piccola
chitarra, per tirarci fuori i suoni che ci tirava fuori da 50 anni e passa,
sempre più essenziali e precisi, sempre più saggi. Me lo ricordo circondato da
guardie del corpo, la gente che voleva salire sul palco, abbracciarlo e
baciarlo, ma un nero allampanato vestito mo’ di strage di San Valentino con un
pistolone infilato nella cintura li ricacciava giù. Mi ricordo che ho ballato
parecchio e bevuto una bella birra fresca illegalmente, grazie
all’intercessione di mia madre presso il bar del teatro (e pure a lei hanno
chiesto la carta d’identità). Mi ricordo quasi tutto insomma.
Ma BB King, lui, ce lo ricorderemo tutti. Il re del blues è
morto ieri, si legge sul web per complicazioni del suo diabete, il che vuol
dire tutto e niente, dato che più o meno tutto può essere una complicazione del
diabete. Ma è morto sereno, pare, a casa sua, a Las Vegas, nel suo letto. La
giusta morte per un vecchio e saggio re.
Il Re è morto. Viva il Re.
Pietro Pagliana
Bellissimo!
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