Anno: 1995
Regia: John Carpenter
Soggetto: Michael De Luca
Cast: Sam Neill, Julie Carmen, Jurgen Prochnow, Charlton Heston
Budget: 8 mln $
Botteghino: 8.9 mln $
Produttore: Sandy King
Voto: ****1/2******
L'investigatore assicurativo John Trent viene rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Ma come ci è finito? È questa la storia che John racconta al medico dell'ospedale, ed è questa la trama del film: ingaggiato da un editore per indagare la scomparsa del noto autore di libri horror Sutter Cane, parte alla sua ricerca assieme a Linda, l'editor di Cane. I due cercano di raggiungere la cittadina in cui lo scrittore ambienta i propri romanzi, la misteriosa Hobb's End, grazie a una mappa che John ha assemblato come un puzzle ritagliando le copertine dei suoi libri. Ma Hobb's End non esiste nel mondo reale, o almeno non ancora, e quando John riesce a raggiungerla capisce che non potrà più tornare indietro, non senza portarsi dietro la follia del mondo di Cane, pronta ad infettare la nostra «realtà» come un virus letale.
Ho visto questo film piuttosto di recente per la prima volta, nonostante fosse in coda nella mia «playlist» del cinema horror già da parecchio tempo. Sinceramente, me la facevo un po' sotto. Le recensioni più importanti lo vendevano come il film più riuscito di Carpenter, il più complesso e il più costoso, e sapendo cosa era stato capace di fare con l'equivalente di un paio di buoni pasto, ho pensato che con qualche effetto speciale e un trucco ben fatto avrebbe potuto mettere seriamente a rischio il mio naturale ritmo sonno-veglia.
Tale preconcetto si è rivelato perlopiù errato.
Il film non fa complessivamente paura: ha dei bei momenti, delle belle scene, dei discreti personaggi, ma il tutto è scollegato al punto che non si riesce a percepire quella tensione ritmica e costante che è il segreto di un film horror ben riuscito. In sostanza Carpenter è uscito dal suo habitat e si è scontrato con un altro modo di fare cinema, un modo che non è il suo e che forse non potrà mai esserlo.
Quello che risulta palese è che i tanti soldi spesi (ben 8 milioni, contro i miseri 300.000$ di Halloween) non sono finiti nei posti giusti. Non so dirvi quanti ne siano stati spesi per gli attori, il cast in effetti è tutt'altro che indifferente (Sam Neil e Charlton Heston tra gli altri), ma quelli spesi negli effetti speciali e nel trucco non hanno certo dato i propri frutti: mostri di pongo, bambini zombie non particolarmente credibili, qualche bella scenografia e delle scene all'aperto molto elaborate, il tutto decisamente non indispensabile e spesso scollegato dalla trama e dal messaggio che vuole trasmettere.
Ma di cosa parla questo film?
Il filo conduttore dovrebbe essere il sottile confine tra finzione e realtà, e tra follia e sanità mentale, e l'intento del regista è proprio quello di seguire questo confine fino a cancellarlo completamente nell'apocalittico finale. Ma qualcosa sembra non funzionare, e alla fine si ha la sensazione di aver assistito a un discreto pastrocchio d'autore, corredato di alcune belle scene che dimentichiamo via via nel tentativo di capire dove il tutto voglia andare a parare.
«Il seme della Follia» fu un flop commerciale non indifferente, con un fatturato poco superiore al budget. Ma la critica fu più generosa, e ancora oggi è considerato uno dei film più sottovalutati del regista americano, come riporta il Mereghetti «forse il migliore horror sulla confusione tra finzione e realtà: un puzzle vertiginoso e inquietante che non si avvolge su se stesso, ma alla fine osa affrontare in modo pessimista e visionario il tema dell'apocalisse». Da ciò che precede, capirete che quello che Mereghetti considera una ricchezza del film, io lo vedo come il peggior difetto.
Chi ha ragione?
Io ovviamente.
Ho visto questo film piuttosto di recente per la prima volta, nonostante fosse in coda nella mia «playlist» del cinema horror già da parecchio tempo. Sinceramente, me la facevo un po' sotto. Le recensioni più importanti lo vendevano come il film più riuscito di Carpenter, il più complesso e il più costoso, e sapendo cosa era stato capace di fare con l'equivalente di un paio di buoni pasto, ho pensato che con qualche effetto speciale e un trucco ben fatto avrebbe potuto mettere seriamente a rischio il mio naturale ritmo sonno-veglia.
Tale preconcetto si è rivelato perlopiù errato.
Il film non fa complessivamente paura: ha dei bei momenti, delle belle scene, dei discreti personaggi, ma il tutto è scollegato al punto che non si riesce a percepire quella tensione ritmica e costante che è il segreto di un film horror ben riuscito. In sostanza Carpenter è uscito dal suo habitat e si è scontrato con un altro modo di fare cinema, un modo che non è il suo e che forse non potrà mai esserlo.
Quello che risulta palese è che i tanti soldi spesi (ben 8 milioni, contro i miseri 300.000$ di Halloween) non sono finiti nei posti giusti. Non so dirvi quanti ne siano stati spesi per gli attori, il cast in effetti è tutt'altro che indifferente (Sam Neil e Charlton Heston tra gli altri), ma quelli spesi negli effetti speciali e nel trucco non hanno certo dato i propri frutti: mostri di pongo, bambini zombie non particolarmente credibili, qualche bella scenografia e delle scene all'aperto molto elaborate, il tutto decisamente non indispensabile e spesso scollegato dalla trama e dal messaggio che vuole trasmettere.
Ma di cosa parla questo film?
Il filo conduttore dovrebbe essere il sottile confine tra finzione e realtà, e tra follia e sanità mentale, e l'intento del regista è proprio quello di seguire questo confine fino a cancellarlo completamente nell'apocalittico finale. Ma qualcosa sembra non funzionare, e alla fine si ha la sensazione di aver assistito a un discreto pastrocchio d'autore, corredato di alcune belle scene che dimentichiamo via via nel tentativo di capire dove il tutto voglia andare a parare.
«Il seme della Follia» fu un flop commerciale non indifferente, con un fatturato poco superiore al budget. Ma la critica fu più generosa, e ancora oggi è considerato uno dei film più sottovalutati del regista americano, come riporta il Mereghetti «forse il migliore horror sulla confusione tra finzione e realtà: un puzzle vertiginoso e inquietante che non si avvolge su se stesso, ma alla fine osa affrontare in modo pessimista e visionario il tema dell'apocalisse». Da ciò che precede, capirete che quello che Mereghetti considera una ricchezza del film, io lo vedo come il peggior difetto.
Chi ha ragione?
Io ovviamente.
Pietro Pagliana
p.s. dimenticavo, il film è ispirato ai racconti di H. P. Lovecraft, ma non avendone mai letto uno, ho preferito omettere la cosa. Rimedierò.
p.s. dimenticavo, il film è ispirato ai racconti di H. P. Lovecraft, ma non avendone mai letto uno, ho preferito omettere la cosa. Rimedierò.
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