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Il mio nome è Hari e questa è la mia storia.
Come tutti i venerdì mattina mi alzai silenziosamente dal letto, passai in punta di piedi davanti alla stanza dei miei genitori senza fare rumore ed entrai nella stanza di Raji, il mio nuovo fratellino nato da appena un mese.
Come tutti i venerdì mattina presi in braccio la piccola creatura che, guardandomi, mi sfoderò un sorriso così grande e splendente che per poco non credetti di star ancora sognando. Il sole stava per sorgere e il fattorino del latte passava di casa in casa lasciando un numero variabile di bottiglie di latte davanti ogni soglia.
Raji mi guardava sgranando gli occhi per ogni mio sussulto nel scendere i gradini. Era un bambino così particolare, aveva le iridi policrome, cioè di due colori differenti, una di un blu intenso, profondo come il mare e denso come il cielo, l'altra era castana, come gli occhi dei cerbiatti che corrono veloci nei boschi nei giorni d'estate. Ma non era questa caratteristica che lo rendeva eccezionalmente straordinario: Raji non piangeva, non emetteva suoni per essere precisi. Raji, infatti, era nato muto. O almeno era questo il responso dell'ostetrica che lo aveva fatto nascere.
- "Buongiorno Hari! Sempre alzato così presto, eh, anche di venerdì mattina"
- " Buongiorno signor Bakhr, io e Raji l'abbiamo aspettata per bere il miglior latte di capra di tutta Kathmandu"
Pagai al signor Bakhr due bottiglie di latte appena munto e mi incamminai con Raji in braccio e le bottiglie nell'altra mano, verso l'altura di Gutnur Panra, una piccola collina rocciosa dalla quale si poteva osservare il sorgere del Sole sulla città ancora addormentata.
Raji guardava, curioso, la luce riversarsi come una cascata in tutta la piana di Kathmandu.
Quella sera lo misi a letto io. Lo stesso sguardo che mi aveva dato il buongiorno la stessa mattina ora mi accompagnava verso il sonno.
- "Buonanotte, Raji. Domani mattina ti porterò al mercato e magari riusciremo a trovare qualche nuovo giocattolo per te e magari anche per me. Domani è il mio compleanno, 9 anni sono tanti. Gli anziani dicono che me ne mancano ancora due per poter diventare uomo. Domani sarà un grande giorno"
Chiusi la porta e mi diressi verso la mia stanza. Un brivido mi scese lungo la schiena, come se le parole appena pronunciate fossero la più grande bugia da me mai inventata. Mi addormentai solo dopo diverso tempo. Quella sensazione così sgradevole non voleva abbandonarmi.
Aprì gli occhi che erano le 8 e 30 passate. Mi lavai e mi vestii. Alle 9 io e Raji lasciammo casa dirigendoci verso la piazza del mercato. Non salutai i miei genitori quella mattina, ancora non mi spiego il motivo.
Stavamo per imboccare la via principale quando in un attimo mi ritrovai per terra. Raji era steso di fianco a me, terrorizzato. Un boato aveva scosso la strada crepandola nel mezzo. Gli edifici vibravano, i vetri delle finestre andarono in frantumi cadendo sulla strada come la pioggia del monsone. Un nuovo mostruoso boato sbriciolò i palazzi della via. In un attimo si scatenò il caos più totale. Blocchi di cemento crollavano da ogni dove inghiottendo i passanti in preda al terrore in un baratro senza fondo. Raccolsi velocemente Raji rimettendomi in piedi, feci dietro front e cominciai a correre a perdifiato.
Dal cielo cadde una lastra di pietra delle dimensioni di un furgone. Cadde vicinissimo sbalzandomi a diversi metri. Un altro boato. Strinsi forte Raji e guardai in alto. Un muro di cinta di una palazzina si avvicinava sempre di più.
Chiusi gli occhi.
Quando li riaprii, o almeno mi sembrò di farlo dal momento che ero nel buio più completo, non capivo dove fossi. La mente mi riportò le immagini della mattina. Una scarica elettrica mi attraversò tutto il corpo: "Raji!"
Non riuscivo a muovermi. Sussultai. Riuscivo a sentire il respiro tenue di mio fratello proprio accanto a me. Mi liberai una mano, tastai alla cieca a sinistra e finalmente lo trovai. Un piccolo corpo si agitava. - "Raji, per fortuna sei vivo!"
Incomincia ad urlare, ma nessuno se ne accorse.
Non distinguevo più il sogno dalla realtà. Mi sembrava di esser lì dall'alba dei tempi. Il mio unico pensiero era monitorare il battito del cuore e il respiro irregolare della piccola creatura alla mia sinistra. La voce mi era finita già da molto tempo, da ore, forse giorni.
Improvvisamente sentii delle voci sopra di me. Provai a sforzarmi ma non mi uscì nulla dalla gola se non una sorda tosse secca dovuta alla polvere. Mi arresi. Le voci all'esterno erano sempre più tenui. Persi le speranze, ma...
Un suono così acuto e tagliente penetrò l'oscurità. Gemiti e poi strilli. Raji!
Le voci si riavvicinarono. Il pianto di Raji le guidò fino a quando la luce tornò a far parte della mia vita.
- " Ce ne sono altri qui! Questi sono vivi!"
- "Presto levate queste macerie, finalmente dei superstiti!"
Gianluca 'Miguel' Minuto
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