venerdì 3 aprile 2015

L'accordo USA-Iran e la guerra nello Yemen: il nucleare iraniano al punto di svolta

Le trattative a Losanna, Israele, i repubblicani, lo Yemen: una panoramica sul nucleare iraniano


Una settimana fa l’Iran ha appoggiato un golpe degli sciiti nello Yemen, fatto che ha scatenato la guerra tra l’Iran e una coalizione di Paesi arabi. Nel frattempo a Losanna, in Svizzera, proseguono ad oltranza le trattative tra il Gruppo 5+1 e l’Iran, osteggiate da Israele e dai Repubblicani statunitensi: in un modo o nell’altro, siamo ad un punto di svolta della questione iraniana.

BREVE STORIA DEL NUCLEARE IN IRAN

Anni 50: l’Iran stringe accordi con Stati Uniti, Germania e Francia per il progetto nucleare, installando una centrale a Bushehr. Nel 1979 il progetto si interrompe a causa della rivoluzione interna e della successiva guerra con l’Iraq (1980-1988), per poi riprendere nel 1995: l’Iran stringe un accordo con la Russia per la fornitura dei materiali necessari al nucleare in cambio della restituzione del combustibile esausto come garanzia del fatto che non ha intenzione di fabbricare armi nucleari.
Il “caso” scoppia nel 2002, a seguito di una conferenza stampa del MEK (il movimento ribelle iraniano armato) a Washington in cui viene rivelata l’esistenza di un impianto segreto per l’arricchimento dell’uranio presso Natanz. A seguito di ciò hanno inizio le riunioni del Gruppo 5+1, formato dai membri permanenti delle Nazioni Unite (Cina, USA, Francia, Russia, Regno Unito) più la Germania, che sanzionano l’Iran per non aver rispettato il Trattato di non Proliferazione del Nucleare (TNP). La posizione degli Stati Uniti è chiara: l’Iran deve cessare le attività di arricchimento dell’uranio per evitare “spiacevoli conseguenze”.
Per tutta risposta il governo di Teheran minaccia di uscire dal TNP (2007) ed inizia a produrre su scala industriale uranio leggermente arricchito (2-4%). E nonostante l’ombra di una guerra, nel 2009 entra in funzione l’impianto di arricchimento di Isfahan, seguito il 27 novembre 2010 dall’accensione del reattore di Bushehr.
Due anni fa il presidente Barack Obama ha aperto ad un incontro bilaterale con l’Iran, ipotesi fortemente osteggiata dall’Ayatollah Ali Khameini: situazione variata il 17 giugno 2013, a seguito dell’elezione alla presidenza di Hassan Rohani, che esprime la sua disponibilità ai colloqui.

GLI OPPOSITORI: NETANYAHU E I REPUBBLICANI

Esattamente un mese fa il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato davanti al congresso degli Stati Uniti, chiamato a sopresa dallo speaker repubblicano Mitch McConnell, accolto tra le standing ovation dai Senatori presenti. L’amministrazione Obama è stata colta di sorpresa e si è dissociata nettamente dall’accaduto. La (possibile) firma dell’accordo USA-Iran ha allarmato Israele e spinto Netanyahu ad esprimere ancora più marcatamente la sua opposizione, sostenendo che un accordo di questo tipo elimina le restrizioni internazionali verso l’Iran e non rimuove i grandi impianti nucleari dal territorio: una situazione di questo tipo porterà ad un più rapido conseguimento dell’ordigno nucleare, invece che ad un rallentamento. Netanyahu dice che la guerra si può evitare a patto di trovare un “accordo migliore” (per Israele): mantenimento delle restrizioni ed eliminazione delle infrastrutture nucleari. Cosa su cui ovviamente l’Iran non ha intenzione di cedere.
Netanyahu è appoggiato dai repubblicani statunitensi, guidati da Mitch McConnell, che il 15 marzo 2015 ha mandato una lettera aperta all’amministrazione irachena, firmata da altri 47 senatori, intimandogli di non ratificare accordi con il governo Obama perché loro ne sono totalmente disinformati ed hanno inoltre il potere di annullarli al Congresso. Una settimana dopo arriva la risposta di Obama in un videomessaggio rivolto agli iraniani, nel quale parla di un’occasione storica di ricucire i rapporti USA-Iran e della necessità di evitare una guerra a discapito dell’opposizione israeliana e repubblicana. Il 29 marzo, la replica di Netanyahu e McConnell: il premier israeliano dichiara che USA e Israele sono d’accordo sull’eliminazione del nucleare in Iran ma non sul come attuarla, mentre McConnell ribadisce il potere del Congresso di votare qualsiasi decisione di Obama (accordo o no) e il fatto di avere l’ultima parola su un eventuale intervento armato.

LE TRATTATIVE A LOSANNA E LA SITUAZIONE NELLO YEMEN

Nel frattempo, il Gruppo 5+1 si è riunito a Losanna e ha iniziato un’estenuante trattativa con il ministro degli Esteri iraniano Mohamed Jawad Zarif, che si è conclusa positivamente nella prima serata di ieri, giovedì 2 aprile 2015. L’accordo è stato annunciato dal capo della diplomazia UE Federica Mogherini e commentato poi in conferenza stampa dallo stesso Zarif. I punti chiave dell’accordo sono stati stabiliti (riduzione delle riserve e della capacità di produzione dell’uranio arricchito in cambio del progressivo alleggerimento delle sanzioni, a meno che l’Iran non rispetti l’accordo), e la scadenza per ultimare tutti i dettagli è quella del 30 giugno. Obama commenta dagli USA che si tratta di un accordo storico che preverrà la bomba atomica, mentre Zarif puntualizza che i rapporti con gli Stati Uniti non riguardano l’accordo e dunque restano più o meno quelli di prima.
Per una situazione risolta al tavolo delle trattative, ce n’è un’altra in cui si è passato direttamente alle armi. Sette giorni fa, i ribelli sciiti hanno preso il controllo dello Yemen con un colpo di stato appoggiato dall’Iran (già in controllo del Libano e della Siria), provocando l’entrata in guerra di tutti quei Paesi a maggioranza sunnita che non vogliono assolutamente una tale supremazia iraniana sul territorio, ovvero Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto, Marocco, Sudan, Giordania e Pakistan. Una sorta di resa dei conti contro l’Iran, che verrà però combattuta su un territorio terzo, quello yemenita.

IN CONCLUSIONE

Con l’accordo storico raggiunto nelle ultime ore, l’ombra di un Iran in possesso dell’atomica sembra allontanarsi. Immediata è giunta anche la reazione di Israele tramite un tweet del presidente Netanyahu che esprime rammarico per un accordo già ritenuto svantaggioso e mostra una mappa con le aggressioni iraniane in medio oriente durante lo svolgimento delle trattative.
Bisognerà aspettare, ora: gli accordi si estendono su base decennale, con alcuni punti validi anche per 25 anni, e solo il tempo potrà dirci se l’Iran farà ciò che è stato deciso oggi, e soprattutto quali saranno le strategie di opposizione di Israele e quelle dell’opposizione interna al governo Obama.

Fonti:
Repubblica.it
Huffingtonpost.it
Euronews.com
Ansa.it
Lastampa.it
Rainews.it

Ha scritto per voi e per Informazione Gialla
Simone Dardano

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