La velocità degli italiani
Non è mai andato via Valentino Rossi, più che mai leader e leggenda di un motomondiale metaforicamente (ma non più di tanto...) nelle mani del talento fulgido di Marc Marquez. A Rio Hondo, in Argentina, il 46 a cavallo della propria Yamaha ha regalato la perla numero 110 della sua strepitosa carriera. Una partenza in salita, dall'ottava piazza, una sportellata alla prima curva con la Ducati Desmosedici di Andrea Iannone: scherzi del destino, cattivi presagi, ma è proprio qui che il fenomeno di Tavullia comincia la propria folle rincorsa. A 15 giri dal termine, dopo 10 giri di sorpassi ai danni del compagno di scuderia, Jorge Lorenzo, delle due ducati ufficiali e di un mai domo Cal Crutchlow, Valentino ha messo nel mirino il puntino arancione che si tuffava all'orizzonte tra le curve albicelesti, come il sole nel mare d'estate. Quattro secondi e due decimi: questo recita il cronometro, ma il nove volte campione del mondo ha la fame vera, quella dei campioni. Guida come un indemoniato strappando giri veloci e quando i secondi si mangian da soli, comincia a sentire l'odore del sangue come uno squalo. A due giri dal termine comincia la bagarre: Marc Marquez contro Valentino Rossi, probabilmente i due più grandi piloti di sempre nel corpo a corpo si ritrovano uno contro l'altro, soli, tra le praterie della Pampa. E' guerra di nervi, Marquez ostruisce la traiettoria di Rossi e va a terra; da qui in poi, gara finita: Rossi c'è, ancora un volta, Rossi c'è.
Stefano Uccheddu
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