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Fotografia di Alessio Puglisi |
Fossero solo sei i gradi di separazione, dovrei sentirti più vicina, ad un passo, ad una stanza, e invece ritaglio il mio bisogno di solitudine per capire quanto sia importante condividersi. Aspetto solo che sia notte per parlare con me stesso, per capirti e per capirmi. Siamo stati progettati per amare, dal carnefice di un Isacco qualunque, ma non sappiamo farlo, perché siamo prototipi incompleti, siamo come i giocattoli di un grande burattinaio matto, entriamo in scena acclamati e ci confrontiamo con l’imprevedibile palcoscenico, diventando improvvisatori eccezionali, ma senza aver mai recitato. È giusto non esser pronti, non esserci e camminare sul filo tra realtà e fantasia, per poi propendere verso quest’ultima quando ci sentiamo più eterei. Non è stato facile incrociare nuovamente quello sguardo: un pensiero anti-gravitazionale, un preciso rintocco al cuore. Speravo fossi proprio tu a far cadere quel castello di fragilità ed errori che avevamo costruito insieme, guglia dopo guglia, invece no, mi hai stupito ancora, perché non sembrava esser passato nemmeno un secondo, perché nulla era diverso, perché per una volta avevo vinto il tempo. Gli stessi sguardi, lo stesso modo di credere l’uno nell’altro, come libri aperti che condividono la rilegatura ed interi trafiletti corti, cortissimi, ma interamente evidenziati.
Non eri tu, non ero io, ma tutto il contesto ad essere fuori dalla nostra dimensione. Ho bevuto guardando ad est, pensando che fosse giusto guardare il sole sorgere mentre tutto il resto sarebbe tramontato in maniera naturale, guardando la lancetta dell’orologio scorrere. Ad est c’eri tu, ancora una volta tu, quando il tempo sembrava ormai finito per me e, magari, non solo per me. Non hai reciso nulla, se non la fantasia e la storia che, per quanto obbligate ad esser parallele, si sono toccate, flettendosi al sentimento, quando c’è stato quell’incrocio, l’ultimo vero incrocio. Se le stelle avessero pianto quella notte, non me ne sarei accorto: ero sceso dal treno, spinto da tante incognite. In stazione stava albeggiando, ma tutto rimase buio, come se il sole si fosse spento, prima di salire ho guardato un’ultima volta verso di te, eri ad ovest e tutto sembrava così diverso.
Stefano Uccheddu
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