sabato 14 febbraio 2015

BETTER CALL SAUL - RECENSIONE DEI PRIMI DUE EPISODI


1.01 “Uno” / 1.02 “Mijo”




Qualcuno non ha ancora visto Breaking Bad? Male.
La serie TV incentrata sul professor Walter White che inizia a cucinare metamfetamine e contestualmente a percorrere una via sempre più oscura non ha bisogno di presentazioni (e se ne ha, male).

A circa due anni dalla conclusione di quella serie ormai di culto, arriva il suo spin-off, Better Call Saul, andato in onda l’8 febbraio 2015 con i primi due episodi.


RITORNO AD ALBUQUERQUE - Già durante la quinta stagione di Breaking Bad, il creatore Vince Gilligan aveva anticipato la possibilità di una serie incentrata sul personaggio dell’avvocato Saul Goodman, che fece per Walter White “ciò che Tom Hagen fece per Vito Corleone”.
Dopo la conclusione della serie madre ecco che Better Call Saul inizia a prendere forma: Bob Odenkirk viene confermato nei panni di Saul, e Jonathan Banks in quelli del carismatico Mike Ehrmantraut. Gilligan spiega anche che la serie sarà una sorta di prequel/sequel, raccontandoci di come Saul sia diventato un avvocato di criminali ma anche mostrandoci scene successive al finale di Breaking Bad.  Dopo una lunga attesa, Better Call Saul va in onda. E qual è il risultato?


GLI EPISODI - La scena iniziale è subito emblematica: una sequenza tutta in bianco e nero ci mostra Saul (dopo il cambio d’identità operato nel penultimo episodio di Breaking Bad) che lavora in una panetteria e ricorda i bei tempi andati in cui era l’avvocato di successo Saul Goodman.
La storia di Saul ha inizio 7 anni prima del suo incontro con Walt White, quando ancora si chiamava James McGill, un avvocato mediocre costretto a operare come difensore d’ufficio per arrivare a fine mese. Ha un fratello, Chuck, che vive segregato in casa a causa della sua paranoia per i campi elettromagnetici e che rifiuta il consiglio di James di ricevere una ghiotta liquidazione dal prestigioso studio dove prima lavorava.
Su questo tema emergono i primi tratti del Saul Goodman che conosciamo: mentre Chuck non pretende la liquidazione per non mettere in difficoltà lo studio e quindi i suoi clienti, James ribatte che “i soldi sono il punto”. Quando l’ex studio di Chuck gli soffia dei clienti, James organizza una truffa ai danni di questi ultimi: ma a causa di un equivoco, spunta una vecchia conoscenza che gli punta una pistola in faccia.
L’identità del pistolero è da salto sulla sedia: nientemeno che Tuco Salamanca. A questo punto si entra davvero nell’atmosfera alla Breaking Bad: deserto, sole cocente, Saul che tratta per la sua vita e quella dei suoi complici con Tuco. Magistrale la scena della trattativa, e anche la successiva dei grissini che si spezzano. Il doppio episodio si conclude con la proposta di uno dei tirapiedi di Tuco che cerca di coinvolgere James in un’azione criminale, che l’avvocato rifiuta (per ora).
Alla fine della visione sorge però una domanda: Better Call Saul va valutata tenendo conto del contesto (Breaking Bad) che ha alle spalle o va analizzata come opera singola?



UNA SERIE “RACCOMANDATA”? - Come opera singola, va detto che si tratta di una serie che mostra un enorme potenziale, ma che non fa gridare certamente al miracolo. La regia è ad altissimi livelli, molto simile a quella di Breaking Bad: campi lunghi nel deserto , le inquadrature quasi cinematografiche che tanto avevamo amato, ed anche a livello di sceneggiatura non si rimpiange la serie madre.
Risulta però decisivo il fatto che, per quanto si tratti di un prequel, il personaggio di Saul lo si (ri)conosce già da Breaking Bad, e l’empatia risulta subito forte. Stessa cosa per il personaggio di Mike, che si limita a fare il custode (molto) pignolo di un parcheggio, e per la comparsa di Tuco. Se non si fosse trattato di personaggi che abbiamo già conosciuto e amato, l’effetto sarebbe stato lo stesso?

























IN CONCLUSIONE - Better Call Saul è partito con il piede giusto. Un’ottima serie che soddisfa le attese, e che sembra avere molto da dire. Si sente però una certa dipendenza dalla serie madre, il cui background riesce a trasformare un “ci sta quel bigliettaio scassacazzo” a “ma quel bigliettaio è Mike! che fenomeno, sarà una grande serie”.
Perciò, Better Call Saul può essere vista da chi non ha guardato Breaking Bad?
La risposta è no: o meglio, senza Breaking Bad, questa sarebbe una buona serie con un grande potenziale, ma senza quell’alone di leggenda che ha ereditato in quanto sua figlioccia, che già sta facendo gridare molti al miracolo. E poi perché dai, davvero qualcuno non ha ancora visto Breaking Bad? Male: vi conviene chiamare Saul.






Ha scritto per voi e per Informazione Gialla, Simone Dardano





















































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