“GomorRa(i)”: una svolta
coraggiosa che unisce intrattenimento di qualità e servizio pubblico
Alla fine, la RAI si è ravveduta: Gomorra - La serie, la fiction dei record andata in onda su Sky la
scorsa estate, è andata in onda ieri sera, nonostante i vertici della stessa
RAI avessero dichiarato che mai serie come, appunto, Gomorra o Romanzo criminale
sarebbero state mandate in onda sulla televisione di Stato. Che cosa è
cambiato? E soprattutto, come mai la RAI si è inizialmente opposta al mandare
in onda la miglior serie italiana degli ultimi trent’anni?
UN’ALTRA TELEVISIONE E’ POSSIBILE (?)
All’inizio fu Boris.
E’ nel 2007 che Sky manda in onda su FOX una sit-com irriverente ed innovativa,
che racconta attraverso la vita di una troupe televisiva impegnata nel girare
la fiction Gli occhi del cuore 2 lo
stato pietoso in cui versa l’intrattenimento generalista italiano. La serie ha
un grande successo, e si conclude nel 2010 dopo tre stagioni e un film per il
cinema, Boris - Il film.
Ma Sky non si ferma qui: nel 2008 va infatti in onda Romanzo criminale - La serie, basata
sull’omonimo romanzo del giudice De Cataldo e secondo adattamento dopo il film
di Michele Placido. Anche questa ha un grande successo di pubblico e critica, e
ne vengono prodotte due stagioni, che si concludono nel 2010.
Il segreto del successo di Boris e Romanzo criminale
sta, in una parola, nella “qualità”: per la prima volta in Italia, si è visto
che il talento per produrre e mandare in onda serie televisive dello stesso calibro
di quelle americane c’è, eccome se c’è. La differenza tra questi due prodotti e
la schiera di fiction più o meno simili che la TV generalista manda in onda è
abissale, e il fatto che siano serie interamente nostrane è anche un motivo,
perché no, di orgoglio.
Tuttavia entrambe queste serie non vengono trasmesse
dalla RAI. Infatti, Boris è andato in
onda su Rai 3 solo nel novembre 2011, dopo che era già andata in onda in chiaro
su Cielo nel 2009. Destino peggiore per Romanzo
criminale: la RAI non ne acquista nemmeno i diritti, anzi è Italia 1 a
trasmetterla in chiaro.
Ed è così che la TV di stato ignora colpevolmente il
passaggio di due prodotti di assoluta qualità, che l’intero pubblico italiano e
non solo gli abbonati alle Pay-tv meritavano di vedere, soprattutto perché interamente italiani.
IL CASO “GOMORRA”
Dopo i primi due successi, Sky non si ferma. E insieme a
Cattleya e Fandango, con la collaborazione di LA7, produce Gomorra - La serie, tratta dal romanzo di Roberto Saviano (che non
ha legami con il film Gomorra di
Matteo Garrone). La supervisione artistica della serie è affidata a Stefano Sollima
(già regista di Romanzo criminale):
dopo due anni di lavoro, il 6 maggio 2014 la serie va in onda su Sky Atlantic.
Ancor prima della sua messa in onda è però accompagnata
da dure polemiche: la maggior parte delle scene sono girate nel quartiere
napoletano di Scampia, e le critiche feroci alla serie riguardano l’immagine
negativa di Napoli e del Paese che viene mostrata e l’eccessiva violenza
presente in alcune scene.
Gomorra si
rivela però un grandissimo successo, adorata dal pubblico e acclamata dalla
critica e i diritti vengono venduti in oltre 100 Paesi (con il titolo Gomorrah).
La serie racconta i meccanismi del potere all’interno del
clan mafioso della famiglia Savastano, includendo i traffici di droga
internazionali e le guerre intestine tra clan, senza dimenticare il fascino che
tanto potere può creare: uno dei temi cardine della serie è infatti la sete di
potere, che contagia tanto i membri della famiglia Savastano quanto i ragazzini
napoletani che vengono attratti e irretiti dal fascino camorristico.
La regia, la scrittura e la recitazione della serie sono
ad altissimi livelli, forse superiori a molte delle serie americane tanto
acclamate e invidiate. Insomma, una rivalsa per l’Italia, una dimostrazione che
il talento e la voglia ci sono, che non sono rimasti sepolti sotto anni di Don Matteo e Un medico in famiglia. Inoltre la serie racconta molto da vicino un
argomento delicatissimo per il nostro Paese, su cui tutti gli italiani
dovrebbero essere un po’ più informati ed aggiornati.
Eppure, i vertici RAI si mostrano non solo indifferenti,
ma addirittura contrari a mandare in onda Gomorra.
Perché?
L’INIZIO DELLA POLEMICA
La risposta ce la dà il direttore generale della RAI in
persona, Luigi Gubitosi, il 15 luglio 2014, alla Scuola superiore della Polizia
di Roma, durante l’intitolazione di due aule ai poliziotti scomparsi Giovanni
Liguori e Ninni Cassarà, vittime della lotta alla mafia.
“A volte ci
accusano di buonismo, ma io trovo terribile una fiction in cui il criminale
diventa un esempio, 'figo' come direbbero i giovani. Il ruolo della RAI è
quello di aiutare a combattere la criminalità cercando di creare consenso
attorno al lavoro della polizia e delle altre forze dell'ordine”, e ancora
“Vedere un membro della banda della
Magliana che ha successo è una cosa sbagliata, come sbagliato è il messaggio
che si dà soprattutto ai soggetti più fragili della società. Da noi, in RAI,
non lo vedrete mai”.
Frasi nette, che fanno eco ad un botta e risposta
avvenuto poco tempo prima tra il direttore del Roma Fiction Fest Carlo Freccero
e Luca Bernabei, direttore della casa di produzione di Don Matteo.
Freccero accusa: “In
Italia concepiamo solo due generi di fiction: quella di puro divertimento,
consumo, distrazione e quella edificante con eroi, preti, giudici, santi,
rivolta al passato […] il problema è
che in Italia la fiction è bloccata dalla censura, non si possono trattare
certi temi: siamo in un Paese cattolico bigotto”; al che Bernabei risponde
di sentirsi insultato insieme agli 8 milioni di fedeli (telespettatori) di Don Matteo, ricordando anche che la TV
generalista ha l’obiettivo di raccogliere ascolti più alti possibili, mentre la
Pay-tv si rivolge alle nicchie.
In pratica: la qualità del prodotto è secondaria, se
l’audience è alto. E forse se si iniziassero a mandare in onda serie come Gomorra e Romanzo criminale nello stesso palinsesto di Don Matteo e Che Dio ci aiuti,
qualcuno inizierebbe a vedere la differenza di forma e contenuti. Ma in questo
caso, secondo Bernabei e Gubitosi, le serie sopra citate darebbero un’immagine
orrenda e non reale del Paese e spingerebbero all’emulazione i ragazzini. Come
se la bellezza tecnica della serie illuminasse con la propria luce anche la
camorra e ciò che nella serie è rappresentato. Come se il successo della serie
fosse determinato dal fatto che i protagonisti sono dei camorristi e non dalla
perfezione con cui è girata. Come se il pubblico fosse considerato alla stregua
di un gregge di pecore non in grado di capire ciò che sta guardando. Seguendo
questo ragionamento, inoltre, non si spiega come mai Boris, che è una sit-com che nulla ha a che fare con la criminalità
organizzata, sia stata palesemente ignorata. Perché dà una pessima immagine del
Paese? O forse dà una pessima immagine della RAI? Forse perché Gli occhi del cuore 2 non starebbe così
male nella domenica sera di Rai 1?
LA RISPOSTA
La risposta di Sky non si è fatta attendere: con la voce
degli attori Salvatore Esposito (Genny Savastano nella fiction) e Marco D’Amore
(Ciro Di Marzio) la serie ha spiegato le proprie ragioni.
Innanzitutto, spiega Esposito, è una serie che ha per
protagonisti dei personaggi negativi, non degli eroi negativi. Ed è una bella
differenza. Marco D’Amore continua spiegando che non c’è un bel finale per
nessun personaggio: non c’è redenzione per nessuno di loro, non c’è pace per
nessuno di loro.
Quanto all’immagine negativa di Napoli che ne può
risultare (in questo caso è addirittura Diego Armando Maradona ad attaccare la
serie), interviene il regista Stefano Sollima, spiegando che all’inizio non è
stato facile girare a Scampia, anche per le obiezioni degli abitanti uniti ad
una stanchezza di venire rappresentati in quel modo: ma cercando il confronto e
spiegando l’obbiettivo della serie, la situazione si è sbloccata ed anzi c’è
stata grande collaborazione da parte degli abitanti di Napoli, come ricorda
spesso la troupe parlando delle industriali quantità di caffè offerto dai
cittadini.
Nonostante ciò, per Gomorra
andare in onda sulla TV di stato sembrava un’opportunità che non si sarebbe
concretizzata, un’altra occasione persa. E invece, il 23 dicembre, il direttore
di Rai 3 Andrea Vianello ufficializza dal suo account Twitter la messa in onda
di Gomorra - La serie su Rai 3 dal 10
gennaio 2015.
LA MARCIA INDIETRO
Con un tweet
che fa letteralmente a pugni con le dichiarazioni di qualche mese prima del
direttore Gubitosi, Vianello annuncia la messa in onda di Gomorra. “Si sono ravveduti”, “Gomorra
è un vanto per l’Italia al di là delle polemiche”: sono i commenti soddisfatti
degli attori dopo la notizia.
Sorge però una domanda: com’è passata la RAI dal “non la manderemo mai in onda” al “da non perdere assolutamente”? Ma
soprattutto: come rimediare al messaggio negativo che secondo Gubitosi la serie
comunica al pubblico?
Ed ecco che la RAI piazza il colpo di prestigio: prima di
ogni episodio, Fabio Fazio intervisterà durante Che fuori tempo che fa un protagonista della lotta alla criminalità
organizzata, al fine di contestualizzare e far capire la gravità delle vicende
mostrate nella serie. Il primo ospite con il compito di introdurre la serie è
stato lo scrittore e creatore della serie Roberto Saviano, in collegamento da
New York.
IN CONCLUSIONE
E brava la RAI. Spinta anche dall’incredibile successo
internazionale di Gomorra - La serie,
la televisione di Stato questa volta non si è fatta sfuggire l’occasione di
mandare in onda il miglior serie italiana in circolazione, nonostante la
propria politica aziendale (che non dovrebbe essere tale, teoricamente) che
tutti conosciamo. Non solo: ha colto l’occasione per informare il grande
pubblico su un argomento importante e delicato come la camorra intervistandone i
protagonisti, loro sì, eroi, che non hanno il risalto ed il riconoscimento che
meritano, e che dovrebbero essere degli esempi per il pubblico.
Questa volta la RAI assolve in pieno al proprio dovere di
Servizio Pubblico: manda in onda una serie tutta nostrana di altissima qualità,
che rappresenta in maniera realistica una realtà di primissima importanza per
il nostro Paese, facendola introdurre e presentare dalle persone che la
combattono ogni giorno.
E speriamo che sia solo l’inizio: perché, in fondo, nuje
vulimme ‘na speranza.
(Soundtrack dell'opening degli episodi di 'Gomorra')
Ha scritto per voi e per Informazione Gialla, Simone Dardano
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