Il danaro non è tutto, ma un po' ci fà...
Anno: 1968
Regia: George A. Romero
Soggetto: John A. Russo, George A. Romero
Cast: Duane Jones, Judith O'Dea, Karl Hardman
Budget: 114.000 $
Botteghino: 30 Mln $
Produttore: Karl Hardman, Russell Steiner
Voto: **********
Barbara e John stanno visitando la tomba del padre quando vengono assaliti da uno strano uomo barcollante, che sembra quasi un morto che cammina. Questi uccide John e costringe Barbara a fuggire per rifugiarsi in una casa di campagna. Sarà questa casa il teatro di un assedio che durerà l'intera notte, in cui i pochi superstiti non potranno fare altro che tentare di tenere lontana la morte, fino alle prime luci dell'alba.
George A. Romero è l'inventore degli Zombie, o perlomeno colui che li ha donati alla cultura e all'iconografia di massa come un concetto solido e ben definito. Un merito che, a prima vista, non sembrerebbe fondamentale. Tuttavia, pensandoci bene, non esiterei a definire lo «zombie» come una delle categorie narrative più fortunate degli ultimi 50 anni e non solo nell'ambito cinematografico.
«La notte dei morti viventi» è stato sicuramente l'input dell'avvento dello zombie nell'immaginario collettivo, nonché la principale fonte di ispirazione per tutti i lavori successivi su questo tema. La stessa trama, pretestuosa e talmente semplice da rasentare il banale, la potete trovare in decine (o centinaia?) di videogiochi, da Call of Duty a Garden Warfare, nonché in altrettanti film, racconti, fumetti e probabilmente anche canzoni.
La narrazione si svolge attorno ad un casolare solitario, assediato dai morti viventi, in cui un gruppo superstiti difendono la propria vita ad ogni costo, con ogni mezzo, fino all'ultimo respiro. Gli zombie vengono di conseguenza, come rappresentazione della morte, appunto vivente, che minaccia attivamente la vita, con le proprie componenti di dolore e terrore personificate nello zombie stesso. È ancora un concetto primitivo, puramente funzionale agli scopi del film: intrattenimento e ragionamento filosofico/esistenziale, un po' ingenuo, ma indubbiamente geniale * (un ragionamento più complesso sullo zombie romeriano verrà sviluppato dall'autore nel successivo «Dawn of the Dead», «Zombi» in Italia, che recensirò più avanti). Molto più chiara ed efficace la topica dell'assedio: l'assedio come pessimistica metafora della vita, l'assedio come distruzione delle gerarchie, l'assedio come strumento di logoramento e di bestializzazione degli uomini, cartina tornasole di tutto ciò che ognuno di noi è veramente, sotto la scorza della normalità, nell'assenza della morte. È questa in sostanza la tematica filosofico-esistenziale che è la spina dorsale della pellicola, e la trama non è che un pretesto, una situazione ad hoc creata per simulare la generazione spontanea di una dilagante follia collettiva, come in una sorta di esperimento sociale.
Arriviamo dunque alla nostra consueta discussione sul budget: da questo punto di vista, «la notte dei morti viventi» ci risulta ancora più sorprendente di «Halloween», con un record al ribasso di 114.000 dollari per un film a cui dobbiamo, come ho detto in precedenza, una delle più grosse ed influenti fette della cultura horror moderna. Ma la sorpresa non finisce qui, se consideriamo l'incredibile fatturato di 30 mln di dollari, uno degli incassi netti più alti di sempre se considerato in rapporto alle spese.
Tirando le somme, ci troviamo di fronte a un grande film ed un grande momento della storia del cinema. Tuttavia, vi chiederete perché a discapito delle cospicue adulazioni, gli abbia dato un voto così neutro. Ebbene è presto detto:
questo è un film palesemente fatto con 100.000 dollari, e tale somma di denaro costituisce la sua fortuna e il suo limite. Il fatturato è comunque enorme, il budget basso e le sue conseguenze tecniche (costumi, cast, trucco, effetti decisamente amatoriali) tendono a incuriosire gli spettatori più avventurosi e appassionati; ma è evidente che lo stesso film, fatto nelle stesse circostanze, con un budget non troppo più elevato (800.000/1 Mln di dollari), avrebbe potuto rendere molto di più dal punto di vista estetico-tecnico, e sarebbe stato più longevo non solo per cultori e cinefili, ma anche per il grande pubblico.
Pietro Pagliana
* secondo me una caratteristica tipica di molti film di registi esordienti, che avendo la prima possibilità di esprimere la propria intera arte, tendono ad addensarla esageratamente nei pochi minuti del loro primo film, per poi riuscire a dosarla in modo più misurato ed efficacie solo nelle produzioni successive
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