domenica 14 giugno 2015

HORROR CULT - KWAIDAN

Storie di Fantasmi 


Regia: Masaki Kobayashi
Cast:
Rentarō Mikuni, Keiko Kishi, Michiyo Aratama, Misako Watanabe, Tatsuya Nakadai
Produttore: Shigeru Wakatsuki 
Anno: 1964
Costo:
350,000,000 ¥ (chissà quanto valeva lo Yen nel '64?)
Voto: **********

Un giovane e ambizioso samurai lascia la moglie a Kyoto per  andare a cercare fortuna presso un altra provincia. Pentito della sua scelta, cerca di tornare alla sua vecchia vita. Ma il tempo non aspetta nessuno.
Due taglialegna sono colti da una bufera di neve con le pesanti fascine sulla schiena. Esausti e mezzo congelati si rifugiano in un capanno sulla sponda di un fiume, dove cercano di prendere sonno. Sarà nel cuore della notte che un rumore sinistro sveglierà il più giovane di loro, giusto in tempo per permettergli di vedere un fantasma di donna, bellissima e tremenda, soffiare sul viso del suo compagno, congelandolo all'istante. Il fantasma, colpita dalla bellezza del giovane e impietosita dal suo terrore, gli concede la vita, ad una condizione: Non avrebbe mai dovuto raccontare a nessuno ciò che aveva visto.
Hoichi, un povero cantastorie cieco, alloggia presso un convento di monaci sorto nel luogo della battaglia di Dan-no-ura, che diverse centinaia di anni prima aveva sancito un sanguinoso cambio di dinastia. Ma le anime senza pace degli sconfitti aleggiano ancora nelle acque tormentate e nei dintorni del cimitero, dove attirano Hoichi con l'inganno, per sentire cantare ancora, ogni notte, le canzoni della loro sconfitta.
 

Tre episodi*, tre racconti tratti dal vasto corpus di fiabe popolari del terrore (Kwaidan significa «racconti di fantasmi») presente nella letteratura giapponese, in una trasposizione cinematografica di rara eleganza e imponenza.
Mi trovo di ad affrontare una critica molto stimolante: un film indubbiamente lodevole sotto certi aspetti, ma totalmente privo di alcune caratteristiche fondamentali per la sua commercializzazione in occidente; ipotesi confermata dai fatti, dato che non è mai stato tradotto né in inglese né in italiano.
Cercherò quindi di parlarvi brevemente dei pregi e dei difetti del film, in modo che possiate capire se è un film che fa per voi, perché non è assolutamente un film per tutti.

Partiamo dai pregi.
Il film ci colpisce subito per il suo vistoso impatto estetico. Già dal primo episodio le scenografie sono semplicemente perfette, in totale armonia con l'umore e le esigenze spaziali della vicenda, accompagnate da una straordinaria fotografia dai colori cangianti e dalle forme liquide, il tutto distribuito perfettamente, spalmato sulla storia e nella storia con un'abilità e una raffinatezza che, sinceramente, non ho mai visto in nessun altro film. A questo, nell'episodio «Hoichi senza orecchie», va ad aggiungersi la magistrale performance musicale del protagonista, che canta alcuni frammenti del poema epico giapponese sulla battaglia di Dan-no-ura con il solo accompagnamento del Biwa (strumento simile al liuto). Un piccolo assaggio di storia e musica giapponese, una musica fortemente timbrico/ritmica e piena di pathos, completamente diversa dallo stile melodico europeo e ritmico/melodico afroamericano. Da non perdere per i veri amanti della musica.

Ora ai difetti.
Difetto principe: a noi occidentali i fantasmi non fanno paura. Ora, con questo non voglio dire che un tipo con un sacchetto in testa o un lenzuolo bianco che spunta al momento giusto non possa fare paura; voglio dire che se una donna con un vestito bianco e gli occhi vagamente spiritati, o una scritta «fantasma» sulla fronte, si presenta nella scena in modo tutt'altro che improvviso, un italiano, un francese o un americano non si spaventano: evidentemente un giapponese si. Anche leggendo i racconti da cui sono tratti gli episodi, ho avuto la sensazione, corroborata da alcuni articoli sul tema, che la semplice presenza del fantasma possa essere spaventosa nell'immaginario giapponese. Questo può essere legato a fattori storici, culturali, sociali, religiosi e via dicendo, tutti difficilmente rintracciabili, almeno per me. Fattostà che il film non fa paura, il che per un horror è un problema. Altri difettucci si potrebbero trovare nella sceneggiatura, un pò troppo sobria e spesso ininfluente, ma ammetto che mi è difficile valutarla dato che ho solamente letto i sottotitoli.

Tirando le somme, Kwaidan è sicuramente un cult, un film di altissimo valore estetico, ma decisamente troppo tagliato fuori dal linguaggio e dalla cultura del mondo occidentale per essere più di questo.

Pietro Pagliana

*in realtà sono quattro, ma il quarto è un po' sacrificato e meno interessante degli altri a mio parere, quindi non ne ho parlato, anche per esigenze di spazio

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