Il bivio dell'Eutanasia
Da molti anni ormai si parla di "Eutanasia", pratica che il medico curante applica ad un paziente che ha deciso di sua volontà di porre fine alle sofferenze del corpo affetto da una malattia in stadio terminale. Conosciamo meglio i risvolti che ha avuto negli ultimi anni
Una breve spiegazione - La parola "Eutanasia" è, etimologicamente parlando, composta dalle parole greche εὔ-, che significa "bene" e θάνατος, che significa "morte". Il risultato della crasi di queste due parole è, appunto, "Eutanasia" che vale a dire "Buona Morte".
L'eutanasia prima - Nel mondo occidentale antecedente all'avvento del Cristianesimo, la possibilità di scegliere di porre fine alla propria vita, nel momento in cui il corpo o la mente non disponevano più dei tratti necessari ad un'esistenza autonoma, era liberamente considerata e rispettata. Nell'Antica Grecia il suicidio era tenuto molto in considerazione e un libero cittadino di un a "polis" poteva decretare liberamente se porre fine alla propria esistenza e in quale modo
L'eutanasia nel Novecento - Come riporta il sito http://www.uaar.it/laicita/eutanasia, "Agli inizi del Novecento alcuni pionieri riproposero il tema all’opinione pubblica: la durata della vita andava allungandosi, ma non sempre a una maggior durata si accompagnava la possibilità di godere, per più tempo, di una qualità di vita dignitosa. Negli anni ’30 nacquero nel mondo anglosassone le prime associazioni, che nel dopoguerra si svilupparono fortemente. Oggi le associazioni di tutto il mondo sono riunite nella World Federation of Right to Die Societies (Federazione Mondiale delle Società per il Diritto di Morire). Nel 1974 alcuni umanisti, tra cui scienziati, filosofi e premi Nobel, lanciarono il manifesto A Plea for Beneficent Euthanasia, che riscosse molti consensi. La principale attività di queste associazioni consiste nel sensibilizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, governi e parlamenti, sulla necessità di raggiungere stadi più progrediti nel riconoscimento dei diritti del malato terminale. Il consenso informato è oramai entrato a far parte del vocabolario medico: con esso è stata riconosciuto il diritto del paziente di dire la sua sulle cure che dovrà ricevere. Ora la battaglia si è sostanzialmente spostata, oltre che sulla richiesta della legalizzazione, sulla liceità e sul valore legale della sottoscrizione, da parte di chiunque, di un “testamento biologico
Eutanasia e legislazione italiana - Una legislazione italiana sull'eutanasia non esiste, come legge vera e propria, come in Olanda o in Belgio. Esiste, invece, la legge 578 del 1993 sull'accertamento della morte cerebrale, che regola le procedure da seguire nei casi in cui un paziente si trovi in rianimazione in condizioni critiche. Quando si verifica la presenza contemporanea di: stato di incoscienza, assenza di riflessi del tronco, silenzio elettrico cerebrale, allora l'anestesista rianimatore di guardia o il responsabile del reparto devono chiedere la costituzione di un collegio medico costituito da tre specialisti, un rianimatore, un medico legale e un neurofisiologo. Il collegio di specialisti procede all'osservazione del paziente secondo un protocollo stabilito dalla legge. I tempi di osservazione dipendono dall'eta': 24 ore entro il primo anno di eta', 12 ore da uno a cinque anni, e 6 ore oltre i 5 anni.”
Come riporta il sito ww.italiasalute.it/3598/La-legislazione-italiana-sull'eutanasia.html
La morale cattolica - Di fronte all'eutanasia il cattolicesimo si pone con atteggiamento di comprensione e di rispetto dell'uomo di oggi, della sua fatica di vivere, della sua sofferenza soprattutto di fronte alla malattia, anche quando non ne può approvare il senso. Nella prospettiva della fede, la vita è un bene e un valore indisponibile in ogni caso. La vita, come dono di Dio, all'uomo è affidata perché la promuova nella sua bellezza e nelle sue risorse, anche quando le apparenze mutano o il dolore bussa alle porte. Di fronte a situazioni patologiche irrecuperabili, o ad una ritenuta “insopportabilità” della sofferenza da parte del malato, è possibile la tentazione di cedere alla debolezza. A livello sociale, i giudizi sull'eutanasia più spesso riguardano una “pietà per riflesso”. Siamo noi che non sopportiamo di vivere accanto al sofferente. Certamente i familiari vivono situazioni particolarmente stressanti il paradosso dell'eutanasia sarebbe l'abbreviazione della vita del malato per pietà del familiare).
In merito a questa considerazione, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma (nn. 2276-2279):
«Potrebbe anche verificarsi che il dolore prolungato e insopportabile, ragioni di ordine affettivo o diversi altri motivi inducano qualcuno a ritenere di poter legittimamente chiedere la morte o procurarla ad altri. Benché in casi del genere la responsabilità personale possa essere diminuita o perfino non sussistere, tuttavia l'errore di giudizio della coscienza – fosse pure in buona fede – non modifica la natura dell'atto omicida, che in sé rimane sempre inammissibile. Le suppliche dei malati molto gravi che talvolta invocano la morte non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia; esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l'ammalato ha bisogno è l'amore, il calore umano e soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e infermieri».
E la Congregazione della Dottrina della Fede, toccando anche il tema dell'aborto, aggiunge:
«È necessario ribadire con tutta fermezza che niente e nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo. Si tratta, infatti, di una violazione della legge divina, di una offesa alla dignità della persona umana, di un crimine contro la vita, di un attentato contro l’umanità. Potrebbe anche verificarsi che il dolore prolungato e insopportabile, ragioni di ordine affettivo o diversi altri motivi inducano qualcuno a ritenere di poter legittimamente chiedere la morte o procurarla ad altri. Benché in casi del genere la responsabilità personale possa esser diminuita o perfino non sussistere, tuttavia l’errore di giudizio della coscienza – forse pure in buona fede – non modifica la natura dell’atto omicida, che in sé rimane sempre inammissibile. Le suppliche dei malati molto gravi, che talvolta invocano la morte, non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia; esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l’ammalato ha bisogno, è l’amore, il calore umano e soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e infermieri»
Giovanni Paolo II - Nel 1995, l'allora Papa Giovanni Paolo II, trattò l'argomento nella Lettera Enciclica "Evangelium Vitae" con queste parole:
«Per eutanasia si deve intendere un'azione o un'omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. «L'eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati». Da essa va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto «accanimento terapeutico», ossia a certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile, si può in coscienza «rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi. Fatte queste distinzioni, in conformità con il Magistero dei miei Predecessori e in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale. Una tale pratica comporta, a seconda delle circostanze, la malizia propria del suicidio o dell'omicidio. La scelta dell'eutanasia diventa più grave quando si configura come un omicidio che gli altri praticano su una persona che non l'ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa alcun consenso. Si raggiunge poi il colmo dell'arbitrio e dell'ingiustizia quando alcuni, medici o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire. Si ripropone così la tentazione dell'Eden: diventare come Dio «conoscendo il bene e il male» (cf. Gn 3, 5). Ma Dio solo ha il potere di far morire e di far vivere: «Sono io che do la morte e faccio vivere» (Dt 32, 39; cf. 2 Re 5, 7; 1 Sam 2, 6). Egli attua il suo potere sempre e solo secondo un disegno di sapienza e di amore. Quando l'uomo usurpa tale potere, soggiogato da una logica di stoltezza e di egoismo, inevitabilmente lo usa per l'ingiustizia e per la morte. Così la vita del più debole è messa nelle mani del più forte; nella società si perde il senso della giustizia ed è minata alla radice la fiducia reciproca, fondamento di ogni autentico rapporto tra le persone».
L'eutanasia all'estero - Ecco i paesi in cui i diritti del malato sono stati discussi - e sono ancora in discussione - con sviluppi costruttivi:
AUSTRALIA: in alcuni Stati le direttive anticipate hanno valore legale. I Territori del Nord avevano nel 1996 legalizzato l’eutanasia attiva volontaria, provvedimento annullato due anni dopo dal parlamento federale.
BELGIO: il 25 ottobre 2001 il Senato ha approvato, con 44 voti favorevoli contro 23, un progetto di legge volto a disciplinare l’eutanasia. Il 16 maggio 2002 anche la Camera ha dato il suo consenso, con 86 voti favorevoli, 51 contrari e 10 astensioni.
CANADA: negli Stati di Manitoba e Ontario le direttive anticipate hanno valore legale. In Quebec una legge autorizza il suicidio assistito.
CINA: una legge del 1998 autorizza gli ospedali a praticare l’eutanasia ai malati terminali.
COLOMBIA: la pratica è consentita in seguito a un pronunciamento della Corte Costituzionale, ma una legge non è stata mai varata.
DANIMARCA: le direttive anticipate hanno valore legale. I parenti del malato possono autorizzare l’interruzione delle cure.
GERMANIA: il suicidio assistito non è reato, purché il malato sia cosciente delle proprie azioni.
LUSSEMBURGO: l’eutanasia è stata legalizzata nel marzo 2009.
PAESI BASSI: forse il caso più famoso. Dal 1994 l’eutanasia è stata depenalizzata: rimaneva un reato, tuttavia era possibile non procedere penalmente nei confronti del medico che dimostrava di aver agito su richiesta del paziente. Il 28 novembre 2000 il Parlamento ha approvato (primo Stato al mondo) la legalizzazione vera e propria dell’eutanasia. A partire dal 1° aprile 2002 la legge è entrata effettivamente in vigore.
SVIZZERA: ammesso il suicidio assistito, con limiti che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha messo in discussione, ma che è accessibile anche a stranieri (vedi sopra). Il medico deve limitarsi a fornire i farmaci al malato.
STATI UNITI: la normativa varia da Stato a Stato. Le direttive anticipate hanno generalmente valore legale. Nell’Oregon, nel Vermont e nello stato di Washington il suicidio assistito è legale.
SVEZIA: l’eutanasia è depenalizzata.
Le Proposte in Italia - Il primo parlamentare a presentare una legge per disciplinare l’interruzione delle terapie ai malati terminali è stato nel 1984 Loris Fortuna, già estensore della legge sul divorzio.
Il 13 luglio 2000 lo stesso Ministro per la Sanità Veronesi ha affermato che «l’eutanasia non è un tabù», e che una soluzione al problema deve essere trovata in tempi brevi. Nel frattempo anche il Consiglio Comunale di Torino aveva votato una risoluzione pro-eutanasia.
Nell’agosto 2001 i Radicali hanno presentato una proposta di legge di iniziativa popolare dal titoloLegalizzazione dell’eutanasia.
Nella XIV legislatura sono stati presentati diversi progetti di legge. Segnaliamo le due proposte, una sul testamento biologico e una sulla depenalizzazione dell’eutanasia, promosse dall’associazione LiberaUscita, nonché il disegno di legge promosso dalla Rosa nel Pugno. Anche durante la XV legislatura sono stati presentati diversi progetti. Nella XVI, purtroppo, si riscontra un solo progetto, d’iniziativa radicale: molte invece le proposte di segno opposto, sostenute da parlamentari clericali.
Nel dicembre 2012 è stata presentata una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa dall’Associazione Luca Coscioni insieme a Exit e Uaar. La raccolta di firme è cominciata il 15 marzo 2013 ed è terminata il 13 settembre, giorno in cui sono state presentate le oltre 65.000 firme raccolte: ben più, dunque, delle 50.000 necessarie. Il 28 ottobre una delegazione del comitato promotore, comprendente il nostro responsabile organizzativo Stefano Incani, è stata ricevuta dalla presidente della Camera Laura Boldrini.
I casi in Italia - Così come succede anche all’estero, il tema dell’eutanasia attira l’attenzione dell’opinione pubblica quando i media portano, con fin troppa dovizia di particolari, alcuni casi in primo piano.
Nella primavera del 2000 tre sono stati i casi particolarmente dibattuti sulle pagine dei giornali italiani.
Il 23 maggio un giovane di Viareggio ha aiutato il suo amico a farla finita, con una dose di insulina: ora rischia fino a 15 anni, nonostante i genitori stessi del defunto definiscano il suo gesto «un atto di amore».
Negli stessi giorni un uomo di Monza veniva condannato a sei anni e mezzo per avere, due anni prima, staccato i fili che pompavano aria ai polmoni della moglie. Il 24 aprile 2002 il marito è stato però assolto in appello dall’accusa di omicidio volontario premeditato. I giudici hanno infatti stabilito che l’ingegnere Forzatti, staccando la spina del respiratore al quale era attaccato il corpo della moglie, non la uccise in quanto, a loro avviso, la donna era già morta.
Nel maggio 2001, gli ultimi giorni di Emilio Vesce, storico militante radicale, infiammarono la campagna elettorale per via delle dichiarazioni del figlio contro il nutrimento artificiale, «non più attuato come terapia ma come accanimento terapeutico».
Nel settembre 2006 è scoppiato il caso di Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare e oramai incapace di muoversi, che ha chiesto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di poter ottenere l’eutanasia. Il Presidente ha subito invitato le Camere a discutere del problema, ma è rimasto inascoltato. Il successivo 21 dicembre Pietro Welby è morto, scatenando una forte ondata di commozione in tutto il Paese.
Nel luglio 2007 è morto Giovanni Nuvoli, che aveva a sua volta chiesto che gli fosse staccato il respiratore: per impedire che un medico rispettasse le sue volontà erano stati inviati i carabinieri. Nuvoli è stato così costretto, per porre fine alle sofferenze, a non assumere più né cibo né bevande, “lasciandosi morire” di fame e di sete.
Il caso di Eluana Englaro, completamente immobile e priva di coscienza dal 1992, ha tenuto banco per molti anni. Il padre, stanco di vederla tenuta in vita da un cannello nasogastrico (e contro la stessa volontà della figlia), ha intrapreso diverse iniziative legali per sospendere le cure, senza alcun successo per molti anni. Finalmente, nell’ottobre 2007, la Corte di Cassazione, nel rinviare la questione alla Corte d’Appello di Milano, ha stabilito che l’interruzione delle cure può essere ammessa, quando il paziente si trova in uno stato vegetativo irreversibile e se, in vita, aveva manifestato la propria contrarietà a tali cure. La Corte d’Appello, nel luglio 2008, ha autorizzato il padre di Eluana a interrompere i trattamenti di idratazione e alimentazione forzata: contro il provvedimento è stato presentato un ricorso da parte del procuratore generale di Milano, ricorso poi bocciato dalla Corte di Cassazione. Eluana si è spenta nel febbraio 2009 in una clinica di Udine, dopo che il governo Berlusconi aveva tentato di emanare un decreto legge ad hoc per impedire il compimento dela volontà di Eluana.
Nel novembre 2010, il noto regista Mario Monicelli, affetto da malattia terminale, decise di lanciarsi dal quinto piano dell’ospedale in cui era ricoverato. Esattamente un anno dopo è stato infine l’ex parlamentare Lucio Magri a scegliere il suicidio assistito in Svizzera. Nel 2013 a far notizia è il caso di Piera Franchina, a sua volta recatasi in Svizzera. In ottobre è ancora un regista, Carlo Lizzani, a togliersi la vita lanciandosi dal terzo piano: aveva detto che avrebbe voluto l’eutanasia insieme alla moglie, come Romeo e Giulietta.
Questi casi, se sono strazianti dal punto di vista di chi ne è coinvolto direttamente, finiscono quanto meno per dimostrare come la legislazione sia assolutamente inadeguata ai tempi.
La chiusura di Papa Bergoglio - “No ad aborto ed eutanasia“. È la dura condanna che Papa Francesco ha pronunciato nell’udienza ai ginecologi cattolici. “Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente a essere abortito – ha affermato Bergoglio – ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. E ogni anziano, anche se infermo o alla fine dei suoi giorni, porta in sé il volto di Cristo. Non si possono scartare!”. Parole chiarissime quelle del Papa che ha citato Benedetto XVI e quanto scritto dal suo predecessore sul tema dell’apertura alla vita.
La parola dei sostenitori - Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno intrapreso la strada della legalizzazione dell'eutanasia: emblematico il caso dell'Olanda, che nel 1993 ha reso non punibile la condotta del medico il quale somministri la morte su richiesta, rispettando determinate procedure. Negli Stati Uniti è lo Stato dell'Oregon ad aver varato una legge permissiva avallata da un referendum; ma la normativa è attualmente sospesa, al vaglio della Corte Suprema. Infine, un caso in contro tendenza: in Australia, l'eutanasia è diventata legge per poi essere abrogata nel giro di pochi mesi.
In Italia, eventuali condotte eutanasiche ricadono all'interno delle previsioni contemplate dal codice penale per la fattispecie dell'omicidio: nel caso in cui la morte sia stata causata in assenza di richiesta da parte della vittima, si applica l'art. 575 c.p.. Nel caso invece la morte sia stata richiesta dalla vittima, la pena è quella contemplata dall'art. 579 (da 6 a 15 anni di reclusione). Va detto che in ogni caso, sull'entità della pena possono incidere in maniera rilevante le circostanze soggettive dell'azione (aggravanti o attenuanti).
Per cogliere meglio le ragioni che stanno alla base del dibattito contemporaneo intorno al problema, può essere utile offrire una breve rassegna dei principali argomenti che supportano la richiesta di legalizzazione. La breve spiegazione che accompagna ciascuna voce non ha ovviamente alcun significato valutativo, ma ha il semplce scopo di descrivere in poche parole la sostanza dell'argomentazione.
1. diritto a morire= nessuno può impedire a una persona capace di intendere e di volere di porre fine alla propria vita, quando questa sia ritenuta non più meritevole di essere protratta. Nessuno può sindacare intorno a questa scelta, che si giustifica per il semplice fatto di essere maturata liberamente dal soggetto che chiede la morte.
2. diritto a morire con dignità (=qualità della vita)= Alcune patologie comportano un iter prevedibile caratterizzato da sofferenze insopportabili che si accompagnano ad una progressiva umiliazione dell'uomo, incapace di dominarsi, di badare a se stesso, di mantenere un contegno dignitoso. Per sottrarsi a questo insopportabile stato di cose, il paziente deve essere assecondato qualora chieda un intervento letale.
3. diritto a fare ciò che si vuole del proprio corpo= Poiché il mio corpo mi appartiene, devo anche poter decidere quando disfarmene, in presenza di un deterioramento che renda improrogabile la convivenza della mia personalità - intesa come insieme delle facoltà superiori - con un involucro ammalato, brutto, sofferente, inguardabile, pesante. La morte è la chiave capace di liberarmi dalla prigione di un corpo che incatena e rende schiavi della sofferenza.
4. Insignificanza e inutilità del soffrire= Di tutte le esperienze umane, quella del soffrire è senz'altro la più temuta da chiunque. Anche se alcuni ritengono che soffrire abbia un qualche valore, a mio giudizio stare male non serve a nessuno e anzi provoca soltanto fastidi a me e a chi mi vuole bene. Quando sfuggire alla sofferenza diventa non più possibile, l'unica cosa che rimane da fare è sfuggire alla vita.
5. Costi sociali= La spesa sanitaria pubblica subisce per ogni paziente in media un'impennata negli ultimi tre anni di vita. Non possiamo più permetterci di sopportare costi sociali elevati a fronte di persone non più produttive, sofferenti e demoralizzate. Grazie al loro sacrificio si potranno destinare molte risorse risparmiate a pazienti veramente bisognosi e ancora produttivo. Inoltre, il morale dei familiari sarà molto più buono - e quindi più produttivo - perché sarà loro risparmiata la dura prova di assistere per lungo tempo un malato senza speranza. Insomma: l'eutanasia è un risparmio per tutti.
6. Sofferenza per i familiari, gli amici, i conoscenti, il personale medico= Vedere una persona che soffre terribilmente, senza una speranza di guarigione, mi risulta insopportabile. Meglio per lui una morte rapida e indolore, che non ci obblighi a prolungare la pena per il distacco e non ci costringa a riflettere su aspetti dell'esistenza umana che sono incomprensibili alla luce della ragione.
Fonti:
Per voi, il vostro Blogger
Da molti anni ormai si parla di "Eutanasia", pratica che il medico curante applica ad un paziente che ha deciso di sua volontà di porre fine alle sofferenze del corpo affetto da una malattia in stadio terminale. Conosciamo meglio i risvolti che ha avuto negli ultimi anni
Eutanasia e legislazione italiana - Una legislazione italiana sull'eutanasia non esiste, come legge vera e propria, come in Olanda o in Belgio. Esiste, invece, la legge 578 del 1993 sull'accertamento della morte cerebrale, che regola le procedure da seguire nei casi in cui un paziente si trovi in rianimazione in condizioni critiche. Quando si verifica la presenza contemporanea di: stato di incoscienza, assenza di riflessi del tronco, silenzio elettrico cerebrale, allora l'anestesista rianimatore di guardia o il responsabile del reparto devono chiedere la costituzione di un collegio medico costituito da tre specialisti, un rianimatore, un medico legale e un neurofisiologo. Il collegio di specialisti procede all'osservazione del paziente secondo un protocollo stabilito dalla legge. I tempi di osservazione dipendono dall'eta': 24 ore entro il primo anno di eta', 12 ore da uno a cinque anni, e 6 ore oltre i 5 anni.”
Come riporta il sito ww.italiasalute.it/3598/La-legislazione-italiana-sull'eutanasia.html
La morale cattolica - Di fronte all'eutanasia il cattolicesimo si pone con atteggiamento di comprensione e di rispetto dell'uomo di oggi, della sua fatica di vivere, della sua sofferenza soprattutto di fronte alla malattia, anche quando non ne può approvare il senso. Nella prospettiva della fede, la vita è un bene e un valore indisponibile in ogni caso. La vita, come dono di Dio, all'uomo è affidata perché la promuova nella sua bellezza e nelle sue risorse, anche quando le apparenze mutano o il dolore bussa alle porte. Di fronte a situazioni patologiche irrecuperabili, o ad una ritenuta “insopportabilità” della sofferenza da parte del malato, è possibile la tentazione di cedere alla debolezza. A livello sociale, i giudizi sull'eutanasia più spesso riguardano una “pietà per riflesso”. Siamo noi che non sopportiamo di vivere accanto al sofferente. Certamente i familiari vivono situazioni particolarmente stressanti il paradosso dell'eutanasia sarebbe l'abbreviazione della vita del malato per pietà del familiare).
In merito a questa considerazione, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma (nn. 2276-2279):
«Potrebbe anche verificarsi che il dolore prolungato e insopportabile, ragioni di ordine affettivo o diversi altri motivi inducano qualcuno a ritenere di poter legittimamente chiedere la morte o procurarla ad altri. Benché in casi del genere la responsabilità personale possa essere diminuita o perfino non sussistere, tuttavia l'errore di giudizio della coscienza – fosse pure in buona fede – non modifica la natura dell'atto omicida, che in sé rimane sempre inammissibile. Le suppliche dei malati molto gravi che talvolta invocano la morte non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia; esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l'ammalato ha bisogno è l'amore, il calore umano e soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e infermieri».
E la Congregazione della Dottrina della Fede, toccando anche il tema dell'aborto, aggiunge:
«È necessario ribadire con tutta fermezza che niente e nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo. Si tratta, infatti, di una violazione della legge divina, di una offesa alla dignità della persona umana, di un crimine contro la vita, di un attentato contro l’umanità. Potrebbe anche verificarsi che il dolore prolungato e insopportabile, ragioni di ordine affettivo o diversi altri motivi inducano qualcuno a ritenere di poter legittimamente chiedere la morte o procurarla ad altri. Benché in casi del genere la responsabilità personale possa esser diminuita o perfino non sussistere, tuttavia l’errore di giudizio della coscienza – forse pure in buona fede – non modifica la natura dell’atto omicida, che in sé rimane sempre inammissibile. Le suppliche dei malati molto gravi, che talvolta invocano la morte, non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia; esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l’ammalato ha bisogno, è l’amore, il calore umano e soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e infermieri»
Giovanni Paolo II - Nel 1995, l'allora Papa Giovanni Paolo II, trattò l'argomento nella Lettera Enciclica "Evangelium Vitae" con queste parole:
«Per eutanasia si deve intendere un'azione o un'omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. «L'eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati». Da essa va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto «accanimento terapeutico», ossia a certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile, si può in coscienza «rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi. Fatte queste distinzioni, in conformità con il Magistero dei miei Predecessori e in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale. Una tale pratica comporta, a seconda delle circostanze, la malizia propria del suicidio o dell'omicidio. La scelta dell'eutanasia diventa più grave quando si configura come un omicidio che gli altri praticano su una persona che non l'ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa alcun consenso. Si raggiunge poi il colmo dell'arbitrio e dell'ingiustizia quando alcuni, medici o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire. Si ripropone così la tentazione dell'Eden: diventare come Dio «conoscendo il bene e il male» (cf. Gn 3, 5). Ma Dio solo ha il potere di far morire e di far vivere: «Sono io che do la morte e faccio vivere» (Dt 32, 39; cf. 2 Re 5, 7; 1 Sam 2, 6). Egli attua il suo potere sempre e solo secondo un disegno di sapienza e di amore. Quando l'uomo usurpa tale potere, soggiogato da una logica di stoltezza e di egoismo, inevitabilmente lo usa per l'ingiustizia e per la morte. Così la vita del più debole è messa nelle mani del più forte; nella società si perde il senso della giustizia ed è minata alla radice la fiducia reciproca, fondamento di ogni autentico rapporto tra le persone».
L'eutanasia all'estero - Ecco i paesi in cui i diritti del malato sono stati discussi - e sono ancora in discussione - con sviluppi costruttivi:
AUSTRALIA: in alcuni Stati le direttive anticipate hanno valore legale. I Territori del Nord avevano nel 1996 legalizzato l’eutanasia attiva volontaria, provvedimento annullato due anni dopo dal parlamento federale.
BELGIO: il 25 ottobre 2001 il Senato ha approvato, con 44 voti favorevoli contro 23, un progetto di legge volto a disciplinare l’eutanasia. Il 16 maggio 2002 anche la Camera ha dato il suo consenso, con 86 voti favorevoli, 51 contrari e 10 astensioni.
CANADA: negli Stati di Manitoba e Ontario le direttive anticipate hanno valore legale. In Quebec una legge autorizza il suicidio assistito.
CINA: una legge del 1998 autorizza gli ospedali a praticare l’eutanasia ai malati terminali.
COLOMBIA: la pratica è consentita in seguito a un pronunciamento della Corte Costituzionale, ma una legge non è stata mai varata.
DANIMARCA: le direttive anticipate hanno valore legale. I parenti del malato possono autorizzare l’interruzione delle cure.
GERMANIA: il suicidio assistito non è reato, purché il malato sia cosciente delle proprie azioni.
LUSSEMBURGO: l’eutanasia è stata legalizzata nel marzo 2009.
PAESI BASSI: forse il caso più famoso. Dal 1994 l’eutanasia è stata depenalizzata: rimaneva un reato, tuttavia era possibile non procedere penalmente nei confronti del medico che dimostrava di aver agito su richiesta del paziente. Il 28 novembre 2000 il Parlamento ha approvato (primo Stato al mondo) la legalizzazione vera e propria dell’eutanasia. A partire dal 1° aprile 2002 la legge è entrata effettivamente in vigore.
SVIZZERA: ammesso il suicidio assistito, con limiti che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha messo in discussione, ma che è accessibile anche a stranieri (vedi sopra). Il medico deve limitarsi a fornire i farmaci al malato.
STATI UNITI: la normativa varia da Stato a Stato. Le direttive anticipate hanno generalmente valore legale. Nell’Oregon, nel Vermont e nello stato di Washington il suicidio assistito è legale.
SVEZIA: l’eutanasia è depenalizzata.
Le Proposte in Italia - Il primo parlamentare a presentare una legge per disciplinare l’interruzione delle terapie ai malati terminali è stato nel 1984 Loris Fortuna, già estensore della legge sul divorzio.
Il 13 luglio 2000 lo stesso Ministro per la Sanità Veronesi ha affermato che «l’eutanasia non è un tabù», e che una soluzione al problema deve essere trovata in tempi brevi. Nel frattempo anche il Consiglio Comunale di Torino aveva votato una risoluzione pro-eutanasia.
Nell’agosto 2001 i Radicali hanno presentato una proposta di legge di iniziativa popolare dal titoloLegalizzazione dell’eutanasia.
Nella XIV legislatura sono stati presentati diversi progetti di legge. Segnaliamo le due proposte, una sul testamento biologico e una sulla depenalizzazione dell’eutanasia, promosse dall’associazione LiberaUscita, nonché il disegno di legge promosso dalla Rosa nel Pugno. Anche durante la XV legislatura sono stati presentati diversi progetti. Nella XVI, purtroppo, si riscontra un solo progetto, d’iniziativa radicale: molte invece le proposte di segno opposto, sostenute da parlamentari clericali.
Nel dicembre 2012 è stata presentata una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa dall’Associazione Luca Coscioni insieme a Exit e Uaar. La raccolta di firme è cominciata il 15 marzo 2013 ed è terminata il 13 settembre, giorno in cui sono state presentate le oltre 65.000 firme raccolte: ben più, dunque, delle 50.000 necessarie. Il 28 ottobre una delegazione del comitato promotore, comprendente il nostro responsabile organizzativo Stefano Incani, è stata ricevuta dalla presidente della Camera Laura Boldrini.
I casi in Italia - Così come succede anche all’estero, il tema dell’eutanasia attira l’attenzione dell’opinione pubblica quando i media portano, con fin troppa dovizia di particolari, alcuni casi in primo piano.
Nella primavera del 2000 tre sono stati i casi particolarmente dibattuti sulle pagine dei giornali italiani.
Il 23 maggio un giovane di Viareggio ha aiutato il suo amico a farla finita, con una dose di insulina: ora rischia fino a 15 anni, nonostante i genitori stessi del defunto definiscano il suo gesto «un atto di amore».
Negli stessi giorni un uomo di Monza veniva condannato a sei anni e mezzo per avere, due anni prima, staccato i fili che pompavano aria ai polmoni della moglie. Il 24 aprile 2002 il marito è stato però assolto in appello dall’accusa di omicidio volontario premeditato. I giudici hanno infatti stabilito che l’ingegnere Forzatti, staccando la spina del respiratore al quale era attaccato il corpo della moglie, non la uccise in quanto, a loro avviso, la donna era già morta.
Nel maggio 2001, gli ultimi giorni di Emilio Vesce, storico militante radicale, infiammarono la campagna elettorale per via delle dichiarazioni del figlio contro il nutrimento artificiale, «non più attuato come terapia ma come accanimento terapeutico».
Nel settembre 2006 è scoppiato il caso di Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare e oramai incapace di muoversi, che ha chiesto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di poter ottenere l’eutanasia. Il Presidente ha subito invitato le Camere a discutere del problema, ma è rimasto inascoltato. Il successivo 21 dicembre Pietro Welby è morto, scatenando una forte ondata di commozione in tutto il Paese.
Nel luglio 2007 è morto Giovanni Nuvoli, che aveva a sua volta chiesto che gli fosse staccato il respiratore: per impedire che un medico rispettasse le sue volontà erano stati inviati i carabinieri. Nuvoli è stato così costretto, per porre fine alle sofferenze, a non assumere più né cibo né bevande, “lasciandosi morire” di fame e di sete.
Il caso di Eluana Englaro, completamente immobile e priva di coscienza dal 1992, ha tenuto banco per molti anni. Il padre, stanco di vederla tenuta in vita da un cannello nasogastrico (e contro la stessa volontà della figlia), ha intrapreso diverse iniziative legali per sospendere le cure, senza alcun successo per molti anni. Finalmente, nell’ottobre 2007, la Corte di Cassazione, nel rinviare la questione alla Corte d’Appello di Milano, ha stabilito che l’interruzione delle cure può essere ammessa, quando il paziente si trova in uno stato vegetativo irreversibile e se, in vita, aveva manifestato la propria contrarietà a tali cure. La Corte d’Appello, nel luglio 2008, ha autorizzato il padre di Eluana a interrompere i trattamenti di idratazione e alimentazione forzata: contro il provvedimento è stato presentato un ricorso da parte del procuratore generale di Milano, ricorso poi bocciato dalla Corte di Cassazione. Eluana si è spenta nel febbraio 2009 in una clinica di Udine, dopo che il governo Berlusconi aveva tentato di emanare un decreto legge ad hoc per impedire il compimento dela volontà di Eluana.
Nel novembre 2010, il noto regista Mario Monicelli, affetto da malattia terminale, decise di lanciarsi dal quinto piano dell’ospedale in cui era ricoverato. Esattamente un anno dopo è stato infine l’ex parlamentare Lucio Magri a scegliere il suicidio assistito in Svizzera. Nel 2013 a far notizia è il caso di Piera Franchina, a sua volta recatasi in Svizzera. In ottobre è ancora un regista, Carlo Lizzani, a togliersi la vita lanciandosi dal terzo piano: aveva detto che avrebbe voluto l’eutanasia insieme alla moglie, come Romeo e Giulietta.
Questi casi, se sono strazianti dal punto di vista di chi ne è coinvolto direttamente, finiscono quanto meno per dimostrare come la legislazione sia assolutamente inadeguata ai tempi.
La chiusura di Papa Bergoglio - “No ad aborto ed eutanasia“. È la dura condanna che Papa Francesco ha pronunciato nell’udienza ai ginecologi cattolici. “Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente a essere abortito – ha affermato Bergoglio – ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. E ogni anziano, anche se infermo o alla fine dei suoi giorni, porta in sé il volto di Cristo. Non si possono scartare!”. Parole chiarissime quelle del Papa che ha citato Benedetto XVI e quanto scritto dal suo predecessore sul tema dell’apertura alla vita.
La parola dei sostenitori - Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno intrapreso la strada della legalizzazione dell'eutanasia: emblematico il caso dell'Olanda, che nel 1993 ha reso non punibile la condotta del medico il quale somministri la morte su richiesta, rispettando determinate procedure. Negli Stati Uniti è lo Stato dell'Oregon ad aver varato una legge permissiva avallata da un referendum; ma la normativa è attualmente sospesa, al vaglio della Corte Suprema. Infine, un caso in contro tendenza: in Australia, l'eutanasia è diventata legge per poi essere abrogata nel giro di pochi mesi.
In Italia, eventuali condotte eutanasiche ricadono all'interno delle previsioni contemplate dal codice penale per la fattispecie dell'omicidio: nel caso in cui la morte sia stata causata in assenza di richiesta da parte della vittima, si applica l'art. 575 c.p.. Nel caso invece la morte sia stata richiesta dalla vittima, la pena è quella contemplata dall'art. 579 (da 6 a 15 anni di reclusione). Va detto che in ogni caso, sull'entità della pena possono incidere in maniera rilevante le circostanze soggettive dell'azione (aggravanti o attenuanti).
Per cogliere meglio le ragioni che stanno alla base del dibattito contemporaneo intorno al problema, può essere utile offrire una breve rassegna dei principali argomenti che supportano la richiesta di legalizzazione. La breve spiegazione che accompagna ciascuna voce non ha ovviamente alcun significato valutativo, ma ha il semplce scopo di descrivere in poche parole la sostanza dell'argomentazione.
1. diritto a morire= nessuno può impedire a una persona capace di intendere e di volere di porre fine alla propria vita, quando questa sia ritenuta non più meritevole di essere protratta. Nessuno può sindacare intorno a questa scelta, che si giustifica per il semplice fatto di essere maturata liberamente dal soggetto che chiede la morte.
2. diritto a morire con dignità (=qualità della vita)= Alcune patologie comportano un iter prevedibile caratterizzato da sofferenze insopportabili che si accompagnano ad una progressiva umiliazione dell'uomo, incapace di dominarsi, di badare a se stesso, di mantenere un contegno dignitoso. Per sottrarsi a questo insopportabile stato di cose, il paziente deve essere assecondato qualora chieda un intervento letale.
3. diritto a fare ciò che si vuole del proprio corpo= Poiché il mio corpo mi appartiene, devo anche poter decidere quando disfarmene, in presenza di un deterioramento che renda improrogabile la convivenza della mia personalità - intesa come insieme delle facoltà superiori - con un involucro ammalato, brutto, sofferente, inguardabile, pesante. La morte è la chiave capace di liberarmi dalla prigione di un corpo che incatena e rende schiavi della sofferenza.
4. Insignificanza e inutilità del soffrire= Di tutte le esperienze umane, quella del soffrire è senz'altro la più temuta da chiunque. Anche se alcuni ritengono che soffrire abbia un qualche valore, a mio giudizio stare male non serve a nessuno e anzi provoca soltanto fastidi a me e a chi mi vuole bene. Quando sfuggire alla sofferenza diventa non più possibile, l'unica cosa che rimane da fare è sfuggire alla vita.
5. Costi sociali= La spesa sanitaria pubblica subisce per ogni paziente in media un'impennata negli ultimi tre anni di vita. Non possiamo più permetterci di sopportare costi sociali elevati a fronte di persone non più produttive, sofferenti e demoralizzate. Grazie al loro sacrificio si potranno destinare molte risorse risparmiate a pazienti veramente bisognosi e ancora produttivo. Inoltre, il morale dei familiari sarà molto più buono - e quindi più produttivo - perché sarà loro risparmiata la dura prova di assistere per lungo tempo un malato senza speranza. Insomma: l'eutanasia è un risparmio per tutti.
6. Sofferenza per i familiari, gli amici, i conoscenti, il personale medico= Vedere una persona che soffre terribilmente, senza una speranza di guarigione, mi risulta insopportabile. Meglio per lui una morte rapida e indolore, che non ci obblighi a prolungare la pena per il distacco e non ci costringa a riflettere su aspetti dell'esistenza umana che sono incomprensibili alla luce della ragione.
Fonti:
Per voi, il vostro Blogger
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